La psicologia e la cultura della sicurezza come strumenti di prevenzione
L’importanza della cultura della sicurezza: come diffonderla? Come svilupparla? Come aumentarne la percezione? Come misurare il clima di sicurezza? Riflessioni sulla “psicologia della sicurezza” a cura di Massimo Servadio.
La Cultura della sicurezza non può essere considerata un mero elenco di principi astratti, ma l’insieme dei processi organizzativi e delle pratiche professionali, delle norme scritte e delle convenzioni informali, dei linguaggi, dei modi di pensare, di percepire e di rappresentare il rischio in azienda.
La Cultura dovrebbe essere considerata un generatore di valore per l’impresa. Ma come si costruisce una solida cultura della sicurezza?
Per esempio, attraverso il passaggio dalla “comunicazione dei contenuti” alla “condivisione dei comportamenti” in campo della Sicurezza, anche attraverso:
– l’elaborazione di strategie di pensiero;
– la gestione della comunicazione;
– il controllo dei comportamenti;
– lo sviluppo delle relazioni interne ed esterne.
Ma come si diffonde la Cultura della sicurezza?
Innanzitutto quando un’azienda, nei processi di governance passa dal mero adempimento alle Leggi, ad un approccio più ampio e condiviso verso il significato comune del lavorare in sicurezza, tenendo conto della produttività e contemporaneamente del benessere delle persone.
In primis, una delle credenze da “smontare” è quella dell’assioma SICUREZZA = GRANDI INVESTIMENTI ECONOMICI.
Spesso sono sufficienti importanti e mirati investimenti: ad esempio sull’ottimizzazione delle modalità gestionali, in particolare sui capi, sui coordinatori, sui ruoli di responsabilità e sulle relazioni tra i lavoratori.
Come sviluppare una Cultura della Sicurezza?
Appare quantomeno necessario:
– agire sui comportamenti;
– smontare le cattivi abitudini e favorire le buone prassi;
– stimolare la motivazione alla sicurezza.
Tutto questo anche attraverso:
– la formazione partecipata e periodica a tutti i livelli;
– il buon esempio dal punto di vista comportamentale, a partire dall’autorevolezza dei responsabili;
– una comunicazione formale ed informale coerente;
– un sistema efficace di premi e punizioni.
Ma soprattutto è necessario che dai livelli gerarchici superiori ci sia un’effettiva sensibilità alla tematica, un lavoro di prevenzione e di attenzione e la reale volontà di favorire il benessere dei propri collaboratori. La mancanza di queste premesse genera incoerenza tra il contenuto dei messaggi espressi nei corsi o dai dettami di legge ed il comportamento effettivo dei responsabili, incurante delle norme e dell’importanza della prevenzione.
Ovviamente l’incoerenza diventa la conferma, per i lavoratori, che l’interesse dell’azienda verso questo tema è basso, generando l’alibi a non occuparsene e indirizzando il comportamento verso le soluzioni più comode, non quelle più sicure.
Una ricerca (Cox e Cheyne, 2000), evidenzia come una misurazione del clima di Sicurezza possa dipendere da:
- L’impegno del management;
- La priorità che, nell’organizzazione, viene attribuita alla Sicurezza;
- La comunicazione;
- Le regole di Sicurezza;
- Il supporto e l’incoraggiamento dell’ambiente sociale aicomportamenti sicuri;
- Il coinvolgimento nella Sicurezza;
- La priorità personale attribuita alla Sicurezza;
- Le credenze e le percezioni circa il rischio;
- L’ambiente di lavoro.
E’ ormai documentato che: la mera informazione non genera cambiamento nelle prospettive personali (così come in questo caso nella “ cultura della sicurezza”); l’applicazione di sanzioni disciplinari come atto legittimo per condannare chi sfugge dalla normativa (in questo caso che procura incidente) senza un investimento sulla cultura della sicurezza, è altrettanto non foriera di cambiamento e pertanto risulterà essere inadatta e non pertinente.
La percezione della cultura della sicurezza può essere ottenuta solo quando:
– i lavoratori ritengano la direzione aziendale credibile;
– le parole della politica di sicurezza siano vissute nella quotidianità;
– le misure retributive previste stimolano i dirigenti e i preposti a livelli soddisfacenti d’impegno;
– i lavoratori hanno un ruolo nella risoluzione dei problemi e nel prendere decisioni;
– vi è un alto grado di fiducia reciproca tra dirigenti e lavoratori;
– vi sono comunicazioni efficaci;
– i lavoratori ricevono un riconoscimento positivo per il loro lavoro.
Per aumentare la quota di assunzione della propria responsabilità, bisogna che l’organizzazione fornisca innanzitutto senso e significato all’agire lavorativo e quindi al:
– lavoro;
– alle mansioni;
– agli obiettivi e in generale a ciò che accade nella vita organizzativa.
L’appropriazione di un corretto concetto e modo di vivere la sicurezza da parte di tutti i lavoratori rappresenta l’obiettivo organizzativo a cui tendere.
In tal senso è necessario contrastare quelle convinzioni irrazionali che portano le persona ad unapercezione non corretta del rischio, anche attraverso interventi formativi centrati sul fattore umano, che favoriscano una presa di coscienza di questi meccanismi.
Massimo Servadio
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni
Tratto da: punto sicuro.it
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
1 Comments