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La delega di funzioni nella giurisprudenza degli ultimi 2 anni

La delega dell’obbligo di formazione al di là del DVR, fino a dove deve arrivare la vigilanza del delegante, la delega al Responsabile Lavori, la delega ambientale, la differenza coi poteri originari e coi “garanti di fatto”. Di Anna Guardavilla.
 

Alcune sentenze in materia di delega di funzioni (attualmente disciplinata dall’articolo 16 del D.Lgs.81/08) emanate dalla Cassazione Penale negli ultimi due anni si segnalano per il loro particolare interesse.

Proponiamo qui di seguito una sintesi di queste pronunce – come sempre senza pretese di esaustività – suddivise per argomenti e non elencate in ordine strettamente cronologico, benché tutte emanate nell’ultimo biennio.

 

 

La delega dell’obbligo di formazione e informazione (art. 18 c.1 lett.l) D.Lgs.81/08) vale anche quando il DVR è carente in materia

 

In Cassazione Penale, Sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 4347 era stato contestato “al T.F., in qualità di dirigente all’uopo delegato, di essere venuto meno ai propri obblighi di formazione ed informazione derivanti dai piani annuali pertinenti per il 2007/2008.”

Egli ricorre in Cassazione e, in uno dei suoi motivi di ricorso, “asserisce che non potevasi a lui richiedere un obbligo di formazione ed informazione a riguardo di una procedura operativa non prevista dal DVR.”

 

La Corte rigetta il ricorso affermando che l’obbligo di formare ed informare al quale era tenuto, per delega, il T.F., non consta dagli atti sottoposti al giudizio di legittimità potersi intendere limitato a quanto definito nel DVR, anche se lo stesso fosse da considerare difettoso, trovando, invece, fonte negli attuali artt.36 e 37 (sostanzialmente riproduttivi delle previsioni previgenti).

In altri termini, al predetto era stato assegnato uno dei compiti datoriali delegabili (quello di cui all’attuale art.18, comma 1, lett.l) e il delegato aveva l’obbligo di organizzare la didattica antinfortunistica per tutti gli addetti, concernente tutte le tematiche settorialmente rilevanti.

Ove l’imputato avesse fatto luogo all’azione doverosa omessa, che avrebbe portato ad acquisire piena consapevolezza delle modalità attraverso le quali caricare in sicurezza l’autocarro, l’evento non si sarebbe verificato, o avrebbe avuto conseguenze meno gravi.”

 

In cosa consiste concretamente l’obbligo di vigilanza del delegante sull’attività del delegato

 

Moltissime sentenze sulla delega ribadiscono il principio secondo il quale il delegante deve vigilare sul corretto espletamento delle attività delegate, ma un po’ meno sono quelle che  entrano nel merito del contenuto operativo di questo obbligo di vigilanza.

Vediamone una che tratta questo tema un po’ più nel dettaglio.

 

Cassazione Penale, Sez.IV, 22 giugno 2015 n. 26279, infatti, una volta ricordato il “principio secondo il quale esiste una responsabilità residuale del datore di lavoro che ha l’obbligo di vigilanza ex art.16, comma 3, d.lgs.81/2008”, si sofferma, ricollegandosi alla sentenza della Corte d’Appello, “sul concetto di “vigilanza alta”, che ha per oggetto il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del soggetto delegato, con l’obbligo del datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive.”

La Corte conferma qui l’assoluzione del datore di lavoro C.F. il quale aveva conferito delega di funzioni a DL.M.

Da vari elementi in fatto la Corte “ha tratto la convincente conclusione che gli ampi poteri conferiti al geometra DL.M. rappresentassero a tutti gli effetti una delega di funzioni, come contemplata dall’art.16, d.Lgs 81/2008, in quanto comprensiva di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla natura delle funzioni delegate, ivi compreso il potere di spesa, attribuito, implicitamente, ma indubitabilmente, con la clausola di chiusura, generica ma omnicomprensiva, attributiva di “ogni potere relativamente agli incarichi affidatigli, anche se qui non espressamente previsto”.

Su queste premesse, i giudici di merito hanno fondato l’assoluzione del C.F., nella qualità di datore di lavoro, rimarcando, il primo giudice, l’assoluta estraneità dell’imputato alle questioni legate alla sicurezza del cantiere, ed il secondo, fornendo una interpretazione dell’obbligo di vigilanza spettante al datore di lavoro ex art. 16 comma 3, d.Lgs 81/2008, incompatibile con l’assunzione di responsabilità in sede penale patrocinata dal difensore della parte civile.”

La sentenza di Cassazione approfondisce questo punto: “il ruolo di vigilanza di cui al comma 3, del citato art.16, d.Lgs.81/2008, tuttavia, come ben chiarito dalla Corte di merito, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v. la richiamata sentenza Sezione IV, 1 febbraio 2012, n.10702, Mangone, che si è soffermata proprio su questo aspetto) non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato.”

Pertanto “ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni.

In coerente applicazione di tale principio la Corte di merito ha ritenuto che il C.F., nella sua qualità di amministratore della società e datore di lavoro, era tenuto, in presenza di valida delega di funzioni, a verificare che il preposto alla gestione del sistema di sicurezza del cantiere,curasse l’applicazione in cantiere delle politiche stabilite dalla direzione aziendale per le attività di sicurezza ed il costante adeguamento dei piani di sicurezza elaborati dal responsabile aziendale per la sicurezza, non anche che venissero concretamente adottate, nelle singoli fasi di lavorazione, le precauzioni necessarie alla prevenzione del rischio.”

 

Delega conferita dal Committente al Responsabile dei Lavori

 

Cassazione Penale, Sez.IV, 11 agosto 2015 n. 34818 ricorda che è da escludere che la delegain tema di sicurezza possa essere attribuita dal committente ad un responsabile dei lavori individuato nel datore di lavoro dell’impresa esecutrice.

Una tale eventualità, infatti – come già condivisibilmente osservato da questa Corte (Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non mass, sul punto) – «riprodurrebbe ad un più alto livello di responsabilità, l’inconcepibile identificazione tra controllore e soggetto controllato per ciò che riguarda la sicurezza del cantiere.”

 

Nel precedente giurisprudenziale che viene richiamato dalla Corte, ovvero Cassazione Penale, Sez. IV, 14 gennaio 2010 n. 1490la Corte aveva già avuto modo di chiarire che “l’esonero da responsabilità del committente è commisurato alla sfera dell’incarico conferito. Ne discende in primo luogo che l’incarico in questione, che lo si voglia o meno tratteggiare come una forma di delega, per assumere rilevanza giuridica deve comunque presentare una chiara evidenza formale, di guisa che sia possibile inferire quale sia l’ambito del trasferimento di ruolo e di responsabilità. Naturalmente, il conferimento di tale incarico sostitutivo implica altresì il conferimento dei poteri decisori, gestionali e di spesa occorrenti.”

Aveva poi specificato quanto segue: “con maggiore precisione, è da escludere che la delega in tema di sicurezza possa essere attribuita dal committente ad un responsabile dei lavori individuato nel datore di lavoro dell’impresa esecutrice. Una tale eventualità, infatti, riprodurrebbe ad un più alto livello di responsabilità, l’inconcepibile identificazione tra controllore e soggetto controllato per ciò che riguarda la sicurezza del cantiere.”

E aveva concluso che “il D.Lgs. n. 464, art. 6, [ora titolo IV D.Lgs. 81/08] come si è visto, esonera il committente da responsabilità limitatamente all’ambito delegato al responsabile dei lavori.”

 

Delega in materia ambientale – Poteri del direttore generale – Differenza tra verbale dell’Assemblea dei soci e delega – Esercizio di fatto della gestione ambientale – Attribuzione di prerogative a titolo originario

 

Il caso trattato da Cassazione Penale, Sez. III, 23 settembre 2015 n. 38551 è interessante e merita di essere analizzato anche nel merito della vicenda quale esempio utile a comprendere il modo di ragionare della Corte in materia di delega di funzioni conferita a livello apicale e di effettivo esercizio dei poteri di gestione in materia ambientale.

Il sig. A.R. viene dichiarato dal Tribunale “colpevole del reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 29-quatuordecies, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n, 152, perché, quale direttore generale della società (società titolare dell’autorizzazione) e procuratore speciale della società (società cessionaria dell’autorizzazione), con espressa delega di funzioni in materia di prevenzione e tutela ambientale per tutte le attività svolte presso lo stabilimento […], esercitava l’attività dello stabilimento con inosservanza delle prescrizioni imposte dall’autorizzazione integrata ambientale in ordine alle emissioni in atmosfera ed alla gestione dei rifiuti.

Il ricorrente è stato nominato direttore generale della il 19/03/2003, come da verbale di assemblea ordinaria dei soci…”.

In termini di poteri, “per consentirgli di esercitare tali prerogative, espressamente accettate dal A.R., l’assemblea gli ha attribuito ampi poteri, esercitabili senza preventiva autorizzazione. In ordine ai poteri e alle mansioni conferiti – prosegue il verbale – il A.R. avrebbe risposto del suo operato direttamente all’assemblea.”

A.R. ricorre in Cassazione, contestando “l’idoneità di tale atto a conferirgli valida delega”.

 

Secondo la Corte, “la questione, così come posta, è del tutto errata e fuorviante.
I principi che questa Corte ha elaborato in materia di “delega ambientale” riguardano la sua attitudine a sollevare il delegante da ogni forma di responsabilità ma non ad escludere quella del delegato che si sia realmente occupato della gestione “ambientale” dell’impresa e abbia effettivamente esercitato i compiti a lui assegnati, assumendosene le relative responsabilità e rendendosi autore diretto delle violazioni accertate.”

 

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso in quanto “l’imputato si ferma, per così dire, alla forma della “delega” ma non contesta, nella sostanza, di aver esercitato le attribuzioni e le funzioni in essa analiticamente descritte che addirittura gli conferivano la rappresentanza della società e lo rendevano responsabile direttamente ed esclusivamente nei confronti dell’assemblea. Né ha eccepito che le violazioni riscontrate fossero conseguenza di mancati investimenti necessari, segnalati e non autorizzati dall’A.U.

In ogni caso, osserva il Collegio che il verbale non contiene una delega vera e propria: la delega comporta un trasferimento di poteri che ne presuppone il possesso da parte del delegante.

Nel caso in esame, invece, l’affidamento delle prerogative è stato effettuato a titolo originariodall’assemblea dei soci, ancorché su proposta dell’A.U., in quanto attribuzioni funzionali tipiche della nuova figura di “direttore generale” nella quale sono confluite parte delle competenze dell’amministratore unico con possibilità di esercitarle in piena e totale autonomia anche rispetto a quest’ultimo.”

 

“Garante di fatto” (art.299 D.Lgs.81/08) e delega di funzioni

 

La recente sentenza Cassazione Penale, Sez. IV, 1° luglio 2016 n. 27056, avente ad oggetto il rapporto tra la delega di funzioni e l’esercizio in concreto di poteri direttivi, chiarisce che “se è ben vero che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è individuabile la figura del“garante di fatto” in colui che, senza alcuna preliminare investitura da parte del datore di lavoro, espleta concretamente poteri tipici (assumendo conseguentemente, in ragione del principio di effettività codificato dall’art.299 del D.Lgs.n.81/08, la correlata posizione di garanzia) è altrettanto certo che, nel caso di specie, ove il S.D. avesse ipoteticamente esercitato in concreto i poteri giuridici datoriali ciò non avrebbe sostituito la delega formale (rogata solo 2 ore dopo l’infortunio) ma avrebbe solo aggiunto, accanto a quella del P.M. [datore di lavoro, n.d.r.], la (eventuale) responsabilità colposa del S.D. stesso (ex multis sez. 4, n. 34299 del 06/08/2015).”

[S.D. era il soggetto al quale, come si legge in sentenza, “due ore dopo circa l’infortunio al dipendente…, il P.M. stesso [quale datore di lavoro, n.d.r.] conferiva, con procura institoria notarile…i poteri di datore di lavoro e responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro per l’unità produttiva di…].

 

Responsabilità del datore di lavoro in assenza di delega e “incapacità tecnica” dello stesso

 

Cassazione Penale, Sez.III, ud. 10 marzo 2016 (dep. aprile 2016) n. 17426 ricorda che “se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria (Sez. 3, n. 28358 del 04/07/2006 – dep. 08/08/2006, Bonora e altro, Rv. 234949, che ha anche ulteriormente affermato che il legale rappresentante non può esimersi da responsabilità adducendo una propria incapacità tecnica, in quanto tale condizione lo obbliga al conferimento a terzi dei compiti in materia antinfortunistica).

 

Delega valida in quanto conforme a tutti i requisiti previsti dall’art.16 D.Lgs.81/08. Il delegato quale “gestore dei rischi”

 

Cassazione Penale, Sez. IV, 5 ottobre 2015 n. 40043, infine, si è pronunciata sulle responsabilità di un soggetto condannato non solo “in qualità di membro del consiglio di amministrazione, ma anche […] di delegato alla sicurezza aziendale.”

La Corte ricorda che “in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegantea condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014 Ud. (dep. 18/09/2014), Rv. 261108).

Nel caso in esame, il ricorrente era titolare di una formale delega in relazione alle esigenze di sicurezza aziendale […] connotata da tutte le caratteristiche a renderla idonea a radicare in capo al T.S. la posizione di garanzia e, quindi, di gestore dei rischi per la sicurezza dei lavoratori. Inoltre la sua qualificazione professionale lo rendeva idoneo a valutare la pericolosità di un macchinario dotato di un insufficiente sistema di sicurezza.”

 

[Tra i precedenti, si veda anche Cassazione Penale, Sez. IV, 25 giugno 2015 n.26999.

E, sul delegato quale “gestore del rischio”, si vedano le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sul caso Thyssenkrupp: Cass. Pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n.38343. Per un approfondimento su questo punto, si veda l’articolo “ Datore, dirigente, preposto, delegato e “aree di gestione del rischio”.]

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it