Decreto 231: come costruire un modello organizzativo?
Indicazioni sui modelli di organizzazione, gestione e controllo e sulle interazioni con i modelli per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Focus sugli elementi costitutivi e sulla costruzione di un modello organizzativo.
Napoli, 17 Gen – I modelli organizzativi correlati al Decreto legislativo n. 231/2001 recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” hanno l’obiettivo di realizzare un completo sistema di controllo ed organizzazione interno che, con riferimento all’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008, ha efficacia esimente della responsabilità amministrativa.
Per tornare a parlare di questi cosiddetti “modelli 231” possiamo fare riferimento ad una delle tante tesi universitarie che si soffermano sulla rilevanza di questi modelli e del D.Lgs. 231/2001 per il miglioramento della prevenzione in Italia.
Presentiamo oggi la tesi relativa ai “Modelli 231 e interazioni con i modelli per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro” realizzata dal Dott. Alberto Munno per il conseguimento della laurea triennale in Ingegneria Civile e Ambientale presso l’ Università di Napoli.
Vediamo oggi quanto indicato dalla tesi sulla costruzione del modello organizzativo.
L’autore indica che ogni Ente e/o società che vuole fruire dell’esimente, e garantirsi una corretta gestione aziendale, “deve essere dotato di un proprio ed esclusivo Modello ex D.Lgs. 231/2001”. E un punto essenziale della responsabilità da reato delle aziende è “che la eventuale colpa dell’impresa per un reato è una colpa di carattere organizzativo: se l’azienda viene dichiarata responsabile è perché non si è saputa concretamente organizzare per la prevenzione di quel reato”.
Ma come costruire il modello organizzativo (MOG)?
Partendo dal “pragmatismo che caratterizza il Decreto”, si indica che tale modello “debba essere predisposto ‘su misura’ della realtà organizzativa alla quale fa riferimento al fine di poter far fronte alle esigenze emergenti dalla reale struttura ed organizzazione dell’ente/società. I modelli generici costruiti a tavolino senza alcun confronto con la concreta realtà aziendale sono inefficaci sia a prevenire i reati sia a rappresentare l’esimente prevista dall’art. 6 del D.Lgs. n. 81/2008”.
In particolare la stesura del Modello deve avvenire “facendo tesoro dell’esperienza propria dell’Organizzazione dell’Ente, e quindi deve essere frutto di una attenta analisi dei processi aziendali al fine di determinare l’esposizione della società stessa ai reati presupposto contemplati nel D. Lgs. n. 231/2001 (art. 6). In concreto l’attività di individuazione dell’esposizione ai predetti reati, definita tecnicamente come mappatura delle aree (dell’attività aziendale) sensibili (al rischio di commissione di reati), va articolata anche tramite una attenta attività di intervista che coinvolga i soggetti chiavi dei processi esistenti nell’Organizzazione”. Ed infatti l’attività di intervista ha l’obiettivo di “analizzare ogni attività sensibile al rischio di commissione dei reati presupposto di cui al D.Lgs. 231/2001 verificando l’esistenza di procedure/protocolli aziendali adeguati ed efficaci e qualora esistenti, il rispetto dei seguenti parametri:
– tracciabilità delle operazioni;
– segregazione delle funzioni coinvolte nell’attività aziendali;
– rispetto dei poteri di firma”.
E devono essere sempre presenti – oppure devono essere implementate – “procedure idonee per le aree di attività aziendale “scoperte” nonché devono essere articolati correttivi sulle procedure già esistenti e non esaustive e/o congrue al contesto aziendale e/o alle esigenze di prevenzione”.
La tesi di laurea ricorda poi che il D.Lgs. 231/2001 richiede espressamente la “costituzione di un organismo, dotato di requisiti di:
1 Autonomia;
2 Professionalità;
3 Indipendenza;
al fine di:
– vigilare sull’effettività ed adeguatezza del Modello;
– valutare l’attualità del Modello;
– proporre i necessari adeguamenti e verifiche;
– ricevere le segnalazioni attinenti possibili illeciti o irregolarità aziendali”.
L’Organismo di Vigilanza(ODV) “deve essere anche dotato della necessaria continuità d’azione, per poter operare efficacemente, e ciò presuppone quindi una composizione mista, di membri interni ed esterni, e la necessità di evitare in esso la presenza di soggetti dotati di poteri operativi, privilegiando invece figure con elevata attitudine al controllo, dotate della necessaria professionalità ed esperienza”.
In questo breve articolo di promemoria di alcuni aspetti rilevanti dei modelli di organizzazione, gestione e controllo (i “modelli 231”), riprendiamo in conclusione quanto dice la tesi sugli elementi costitutivi di un modello.
Si indica che il modello 231 si articola come segue:
– Parte generale (identificante le caratteristiche strutturali dell’Organizzazione nonché le modalità di creazione del modello e della sua diffusione, formazione/informazione);
– Parte speciale (afferente le diverse tipologie di reati presupposto contemplati nel D.Lgs. 231/2001, e recante la mappatura dei rischi di commissione dei reati);
– Codice Etico-Comportamentale (indicante le regole di condotta proprie dell’Organizzazione);
– Sistema disciplinare (riportante i principi base del CCNL applicato, e le altre regole sanzionatorie a carico dei soggetti che collaborano senza essere dipendenti ecc.);
– Statuto dell’OdV;
– Regolamento dell’Odv,
– Sistema di Procure e deleghe;
– Organizzazione gerarchico-funzionale;
– Documento di analisi rischi (mappatura dei rischi).
Nella tesi di laurea si segnala, infine, che il modello di organizzazione, gestione e controllo, “non si pone quale strumento aziendale a sé stante ma risulta interattivo con il sistema di gestione qualità ed ambientale (ISO 9001, ISO 14001/ EMAS e/o di responsabilità sociale (SA 8000 o SCR), il sistema di controllo e gestione sicurezza (D. Lgs. 81/2008 – OHSAS 18001), il sistema Privacy (D. Lgs. 196/2003) ecc.)”.
L’indice della tesi:
Sommario
Introduzione: Il fenomeno infortunistico in Italia
Capitolo 1: Il Sistema previsto dal D.Lgs. n° 231/2001 e la sicurezza nei luoghi di lavoro
1.1 Cos’è il D.Lgs. n. 231/01
1.2 La costruzione del Modello
1.3 Costituzione dell’Organismo di Vigilanza (ODV)
1.4 Elementi costitutivi del Modello di Organizzazione, gestione e controllo
1.5 Interazione con gli altri sistemi aziendali
1.6 Efficacia del Sistema
1.7 Contenuti del Sistema di prevenzione e Codice Etico
1.8 Modelli di organizzazione e gestione idonei
Capitolo 2: Il Modello codificato per prevenire i reati relativi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Strumenti a sostegno dell’implementazione ed efficacia del MOG
2.1 Il Modello di Organizzazione e Gestione (MOG)
2.2 La predisposizione del MOG e la prevenzione del rischio-reato
2.3 La metodologia del risk assessment e della verifica del rischio
2.4 Modello e Codice Etico
2.5 Il Sistema Disciplinare
2.6 L’Organismo di Vigilanza (OdV)
2.7 T.U. 81/2008, Modello Organizzativo e Sicurezza sul Lavoro
2.8 “Sistema 231” e “Sistema Sicurezza”
2.9 Documento di Valutazione dei Rischi e Modello Organizzativo
2.10 Art.30, T.U. n.81/2008 e certificazioni
2.11 I Sistemi di Gestione Aziendali – Generalità
2.12 Elementi fondamentali dei sistemi di gestione
2.13 Cenni sugli standard BS OHSAS 18001:2007 (Sicurezza e Salute sul Lavoro)
2.14 La prevenzione del reato-presupposto attraverso l’organizzazione
2.15 Il modello codificato per prevenire i reati relativi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
2.16 Strumenti a sostegno dell’implementazione di un SGSL/MOG e loro efficacia
2.17 Risultati ed efficacia dell’adozione di un “SGSL”
Capitolo 3: Procedure semplificate per l’adozione dei MOG nelle PMI. Gli strumenti operativi
3.1 Politica aziendale di salute e sicurezza, obiettivi e piano di miglioramento
3.2 Piano di miglioramento
3.3 Rispetto standard tecnico strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici (art. 30, comma 1, lett. a), D.Lgs. 81/2008)
3.4 Attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti (art. 30, comma1, lett. b), D.Lgs. 81/2008)
3.5 Attività di natura organizzativa, quali gestione delle emergenze e di primo soccorso (art. 30, comma 1, lett. c), D.Lgs. 81/2008)
3.6 Gestione appalti
3.7 Riunioni periodiche di sicurezza e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
3.7.1 Comunicazione e rapporto con l’esterno
3.7.2 Consultazione e partecipazione
3.8 Attività di sorveglianza sanitaria (art. 30, comma 1, lett. d), D.Lgs. 81/2008)
3.9 Attività di informazione e formazione dei lavoratori (art. 30, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008)
3.10 Attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori (art. 30, comma 1, lett. f), D.Lgs. 81/2008)
3.11 Acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie per legge (art. 30, comma 1, lett. g), D.Lgs. 81/2008)
3.12 Periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure attuate (art. 30, comma 1, lett. h), D.L.gs. 81/2008)
3.12.1 Sorveglianza/monitoraggio o misurazione dell’adozione delle procedure/modelli
3.12.2 Indagine su infortuni, incidenti e situazioni pericolose
3.12.3 Non conformità, azioni correttive ed azioni preventive
3.13 Il MOG di cui al comma 1 dell’art. 30, del D.Lgs. 81/08 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1 (art. 30, comma 2, D.Lgs. 81/2008)
3.14 Il MOG deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e del tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio (art. 30, comma 3, D. Lgs.81/2008)
3.15 Un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (art. 30, comma 3, D. Lgs. 81/2008)
3.16 Il MOG deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate (art. 30, comma 4, D.Lgs. 81/2008)
3.17 Audit interno di sicurezza
3.17.1 Programmazione dell’audit
3.17.2 Identificazione degli auditor interni .
3.17.3 Conduzione dell’audit
3.18 Riesame .
4: Conclusioni
5: Bibliografia e Sitografia
“ Modelli 231 e interazioni con i modelli per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro”, tesi realizzata dal Dott. Alberto Munno per il conseguimento della laurea triennale in Ingegneria Civile e Ambientale presso l’Università di Napoli (formato PDF, 1.98 MB).
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Tiziano Menduto
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Fonte: puntosicuro.it
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