Mangiare bene non serve solo a mantenersi in salute, ma anche a lavorare meglio, con maggiore attenzione. Il rischio alimentazione e il legame tra cibo e la sicurezza nei luoghi di lavoro. A cura di Eleonora Buratti.
Pubblichiamo un contributo di una nostra lettrice, Eleonora Buratti (giornalista, sociologa aziendale e studiosa dei comportamenti alimentari), che ha affrontato un tema che raramente viene affrontato: il rischio alimentazione. Quali sono i legami tra il contenuto di un piatto e la sicurezza nei luoghi di lavoro?
La salute e la sicurezza dei lavoratori passano anche attraverso l’alimentazione.
Lo confermano dati e studi sull’argomento; sperimentazioni all’interno delle aziende e gruppi volontari di impiegati che traggono beneficio da una pausa pranzo più adatta alla giornata lavorativa. Mangiare bene non serve solo a mantenersi in salute, ma anche a lavorare meglio, con maggiore attenzione. Lo aveva dichiarato persino l’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in un trattato del 2005 dove affermava che una scorretta alimentazione nei luoghi di lavoro può portare a una perdita fino al 20% di produttività. Ormai noti sono anche i dati INAIL che mettono in evidenza quanto la disattenzione delle ore postprandiali possa rivelarsi fatale e complice di gran parte degli infortuni, così come le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla crescita dei casi di obesità, e quelle delle malattie che ormai da più fonti scientifiche vengono associate a fattori di rischio nutrizionali come l’ipertensione arteriosa, riconducibile anche a un insufficiente consumo di frutta e verdura; le malattie celebro e cardiovascolari, per le quali gioca un ruolo importante il consumo di acidi grassi saturi; alcuni tipi di tumori come quello alla prostata, al colon, al seno e allo stomaco che sembrano favoriti anche da una dieta scorretta e abitudini insane; il diabete e l’anemia.
Ma pur apparendo evidenti i legami tra salute e alimentazione, rimangono meno intuibili quelli esistenti tra il contenuto del piatto e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per fare chiarezza sullo stretto legame, si può partire con l’affermare che sovrappeso e obesità rappresentano un rischio aggiuntivo per la salute e la sicurezza del lavoratore. Non è difficile dimostrare quanto i lavoratori obesi o sovrappeso vadano incontro a infortuni sul lavoro più frequentemente rispetto ai colleghi normopeso e quanto aumenti per loro anche il rischio di sviluppare patologie occupazionali come quelle riconducibili alle vibrazioni, quelle muscoloscheletriche, l’asma, le patologie da sostanze chimiche e i disturbi da stress.
Fu l’ISPESL di Roma (ex) a far notare quanto il sovrappeso e le limitazioni fisiche dei movimenti che ne conseguono riescano a compromettere l’agilità nello svolgimento delle attività fino a ridurre lo stato di sicurezza. A questo possiamo aggiungere che in caso di sciagura stradale, collocabile tra gli incidenti in itinere, le persone obese e in sovrappeso sono solitamente quelle che subiscono le conseguenze più gravi a causa del cambiamento della forma del corpo, che con l’aumento del tessuto adiposo modifica l’impatto nell’incidente. Questi lavoratori sono inoltre i primi ad avere maggiori difficoltà nel reperire i dispositivi di protezione individuali (DPI) idonei alla loro forma fisica. Respiratori, guanti, indumenti, giubbetti di salvataggio, ma anche attrezzature di protezione individuale come i giubbetti antiproiettile, se indossati male perché scomodi non assicurano la dovuta protezione.
Ma il legame tra alimentazione e sicurezza non è solo una questione di peso. La sonnolenza provocata dalla digestione di un pasto inadeguato è ormai nota, e gestire il rischio, specie per quelle mansioni che richiedono concentrazione e un livello di attenzione più alto, non può ormai più prescindere da una scelta cosciente e mirata degli alimenti più adatti. Basti pensare ad alcune categorie di lavoratori come per esempio gli autotrasportatori o quelli che lavorano nel settore edile. Inoltre, la letteratura sull’argomento, mette in evidenza quanto alcuni cibi funzionali possano avere un ruolo importante nella prevenzione di alcune malattie specifiche alle quali alcuni lavoratori per via della mansione sono sottoposti, e basta guardarsi attorno per vedere quanto spesso la pausa pranzo delle mense aziendali o quella consumata nelle trattorie convenzionate, risulti non adatta alla ripresa del lavoro pomeridiano.
Si chiama rischio alimentazione, e dovrebbe rientrare tra i rischi emergenti del lavoratore, così per onorare in pieno l’articolo 32 della Costituzione al quale fa eco il 2087 del Codice Civile sui doveri dell’imprenditore circa la garanzia dell’integrità fisica dei prestatori di lavoro, ma soprattutto il comma 1 dell’articolo 28 del DLgs 81/08 nel punto in cui ribadisce che la valutazione stessa debba riguardare “tutti i rischi”.
Con il dovuto approfondimento si può scoprire che esiste un’alimentazione adatta a ogni tipo di mestiere, che diminuire l’assunzione di alcuni alimenti per favorirne altri può avere effetti sorprendenti anche sul rendimento, che i cibi funzionali possono avere un ruolo importante nella gestione dei rischi sul lavoro.
E lo sapeva bene anche Bernardino Ramazzini, padre della medicina del lavoro, che già nel Settecento, ai fabbri, consigliava di aumentare il consumo di bietola perché sofferenti di costipazione intestinale dovuta all’inalazione di sostanze sprigionate dall’alterazione termica dei metalli, e agli stagnari proponeva emulsioni di mandorle, semi di melone e tisane a base di orzo che aiutavano a espellere il mercurio e lo zolfo assorbiti durante le lavorazioni.
Eleonora Buratti
Giornalista, sociologa aziendale, studiosa dei comportamenti alimentari
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Fonte: puntosicuro.it