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Le responsabilità del committente proprietario dell’immobile

In tema di prevenzione il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa sia pure unica alla quale ha affidato i lavori. A cura di Gerardo Porreca.
Si fa sempre più stringente la posizione assunta dalla Corte di Cassazione nei confronti del committente di un’opera edile ritenuto dalla stessa in occasione di precedenti sentenze il deus ex machina della organizzazione del cantiere installato per la realizzazione per suo conto di un’opera edile. Questa volta tale figura è stata individuata nel proprietario di un appartamento che ha incaricato un’impresa edile per la ristrutturazione dello stesso e che ha visto accadere nel cantiere stesso l’infortunio mortale di un lavoratore dipendente dell’ impresa affidataria.

 

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ha precisato la suprema Corte nella sentenza, il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa, sia pure unica, alla quale ha affidato i lavori sia nella fase di scelta dell’impresa, essendo a suo carico la verifica della sua idoneità tecnico professionale, sia nella fase di realizzazione dei lavori, essendo tenuto a controllare l’adozione da parte dell’impresa stessa delle misure generali sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello ha confermata la sentenza di condanna resa dal locale Tribunale nei confronti del proprietario di un appartamento quale responsabile del reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore dipendente dell’impresa affidataria il quale, nel corso di alcuni lavori per la rimozione dei pannelli solari collocati sul tetto dell’appartamento del committente, era precipitato da un’altezza di oltre otto metri, riportando lesioni personali gravissime alle quali era seguito il decesso.

 

All’imputato era stata contestata, quale committente, una condotta improntata a negligenza e imperizia con violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro per avere omesso, in particolare, di verificare, ai sensi dell’art. 90 comma 9 lett. a del D. Lgs. n. 81/2008, l’ idoneità tecnico professionale della ditta esecutrice (il cui datore di lavoro era stato processato separatamente). Nel capo di imputazione era stata indicata la normativa antinfortunistica la cui violazione era stata ascritta al datore di lavoro e era stato contestato precisamente di aver omesso di redigere il piano operativo di sicurezza in relazione alla valutazione di tutti i rischi presenti in cantiere, di avere omesso di adottare, per l’esecuzione dei lavori in quota effettuati sulla copertura dell’edificio, adeguate impalcature atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone o di cose, di avere omesso di impartire ai lavoratori dipendenti un programma di informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività svolta e di avere omesso di impartire ai lavoratori dipendenti una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza in riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione e rischi riferiti alle mansioni.

 

La Corte territoriale ha respinto il ricorso presentato dall’imputato, ad eccezione della parte relativa all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ed ha ritenute corrette sia l’imputazione formulata a carico dell’imputato, sia le argomentazioni svolte dal Tribunale a sostegno della pronuncia di condanna, atteso che il committente, qualora avesse richiesto la esibizione della documentazione prevista dalla legge, avrebbe facilmente accertato che l’impresa affidataria agiva in spregio delle norme in materia di prevenzione e non aveva adottato alcuna regola a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, tanto che i lavori in quota venivano eseguiti senza alcun presidio di protezione. Quanto alla consapevolezza della situazione di pericolo in cantiere, la Corte di Appello aveva valorizzata la circostanza che l’imputato aveva avuto immediata percezione delle condizioni in cui lavoravano gli operai, per la sua costante ingerenza nello svolgimento dei lavori e la sua assidua presenza sul cantiere. La stessa Corte di Appello, inoltre, pur rilevando un limitato concorso di colpa del lavoratore infortunato, il quale aveva imprudentemente “lanciato” verso il basso il pannello solare smontato senza prima frantumarlo con una operazione che gli aveva fatto perdere l’equilibrio, aveva escluso che tale condotta avesse interrotto il nesso di causalità tra le omissioni contestate all’imputato e l’evento.

 

Il ricorso in Cassazione e le decisioni della Corte di Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia lamentando, come motivazione principale, che la Corte di Appello aveva compiuto in maniera acritica la ricostruzione della vicenda e la valutazione delle prove, rifacendosi a quanto già argomentato dal Tribunale, senza rispondere in maniera puntuale ai motivi di appello.

 

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per una manifesta infondatezza dei motivi. Con riferimento all’osservazione che la Corte di Appello si era limitata a rifarsi per quanto riguarda la ricostruzione della vicenda e la valutazione delle prove a quanto già argomentato dal Tribunale senza rispondere ai motivi dell’appello, la suprema Corte di Cassazione ha affermato che “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche in caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa, essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D. Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, sia in caso di omesso controllo all’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro”.

 

“Dal committente non può tuttavia esigersi”, ha così proseguito la Sez. IV, “un controllo pressante, continui e capillare sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, con la conseguenza che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto d’appalto, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”.

 

I giudici di merito, secondo la suprema Corte, hanno fatto corretta applicazione di tali principi avendo posto in evidenza che il committente dei lavori e proprietario dell’immobile, si recava frequentemente sul cantiere, concordando e dando direttive al titolare della ditta in ordine ai lavori da svolgere, ed avendo così modo di percepire direttamente le modalità di esecuzione. In particolare la Sez. IV ha posto in evidenza che il committente, secondo la ricostruzione dei fatti esposta in sentenza, si era recato personalmente all’interno dell’immobile per verificare lo stato dei pannelli solari e, dopo essere salito sul tetto attraverso la scala ed aver constatato che i pannelli erano danneggiati, aveva dato direttive al titolare della ditta appaltatrice per la rimozione dei pannelli medesimi e la sostituzione con apposite tegole.

 

Dunque l’imputato aveva avuto modo di apprezzare di persona le modalità di svolgimento delle varie attività lavorative e l’assoluta assenza di dispositivi di sicurezza, ed in particolare, la mattina dell’infortunio, recatosi sul posto, aveva verificato direttamente l’ assenza di ponteggi o dispositivi di sicurezza idonei a prevenire il rischio di cadute o precipitazioni di cose o persone, e la circostanza che i lavoratori fossero saliti sul tetto servendosi solo di una scala appoggiata alla parete, senza il montaggio di impalcature e l’utilizzo di imbracature.

 

Le plurime e gravi irregolarità presenti in cantiere, ha fatto osservare la Corte di Cassazione, sarebbero state immediatamente appurate dal committente qualora egli avesse rispettato l’obbligo normativamente previsto di verificare in primo luogo l’idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice, mediante la richiesta di esibizione della documentazione prevista, e ciò perché dalla mancanza di tale documentazione avrebbe con immediatezza colto le gravi carenze ed omissioni dell’impresa affidataria rispetto agli obblighi di prevenzione e tutela dei lavoratori.

 

Le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, ha così concluso la suprema Corte, sono state pertanto considerate immuni da vizi logici e giuridici e conformi ai principi di diritto dalla stessa affermati per cui le censure del ricorrente sono state considerate manifestamente destituite di fondamento. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonché al rimborso delle spese in favore delle parti civili come da dispositivo.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 55180 del 29 dicembre 2016 (u.p. 16 novembre 2016) – Pres. Romis – Est. Menichetti – Ric. C.S. – In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa sia pure unica alla quale ha affidato i lavori.

 

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Fonte: puntosicuro.it