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L’opportunità da parte del coordinatore di recarsi in cantiere

Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve recarsi in cantiere nella fase iniziale dei lavori a verificare la rispondenza della sua organizzazione con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento. Di G.Porreca.
 

Quante volte ci si è chiesti, non avendolo precisato il legislatore, con quale frequenza il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve visitare il cantiere sottoposto alla sua vigilanza e quando e in quale fase lo stesso deve comunque opportunamente garantire la sua presenza  nello stesso. Un indirizzo preciso in tal senso viene fornito in questa sentenza dalla Corte di Cassazione chiamata a decidere su di un ricorso presentato da un coordinatore per un incidente accaduto a un lavoratore, figlio del datore di lavoro dell’impresa esecutrice, infortunatosi per il ribaltamento in un fossato di un muletto utilizzato nelle operazioni di carico e scarico di materiali.

 

E’ importante, ha sostenuto la suprema Corte, che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione si rechi in cantiere nella fase iniziale dei lavori al fine di verificare la rispondenza della organizzazione del cantiere stesso con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento. Anche se nel PSC non era previsto l’uso del muletto, ha sostenuto la suprema Corte, se il coordinatore per la sicurezza si fosse recato in cantiere nei primi giorni dopo la sua installazione si sarebbe accorto della presenza dell’attrezzatura e avrebbe dovuto provvedere ad intervenire ad adottare i provvedimenti di sua competenza e a modificare il PSC stesso.

 

Il caso, la condanna del Tribunale e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale ha condannato un coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione alla pena di 2000 euro di ammenda per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 92, comma 1, lett. b) e 91, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Avverso la predetta pronuncia l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi.

 

Col primo motivo il ricorrente ha osservato che il provvedimento impugnato non aveva motivato, circa la mancata coerenza del piano operativo di sicurezza col piano di sicurezza e coordinamento riguardo alle operazioni di scarico, carico e stoccaggio dei materiali. Secondo lo stesso, infatti, in realtà vi sarebbe stata incoerenza solamente nel caso in cui il PSC e il POS avessero prescritto modalità operative in contrasto tra loro ovvero incompatibili. Con un secondo motivo il ricorrente ha fatto osservare. con riferimento alla presenza del muletto, di avere appreso la sua esistenza solamente nel pomeriggio dell’incidente allorquando era stato informato dell’incidente occorso al figlio del titolare dell’impresa esecutrice mentre lo utilizzava nelle operazioni di carico e scarico. Con un terzo motivo lo stesso ha fatto rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, aveva redatto il piano di sicurezza determinando l’area di carico e scarico, mentre l’incidente era avvenuto al di fuori del cantiere in zona quindi diversa e a sua insaputa per una autonoma scelta sia del giovane che di suo padre datore di lavoro. Con un quarto motivo, infine, il coordinatore ha fatto osservare che l’area di cantiere disegnata nel piano di sicurezza e coordinamento era assolutamente piana, piatta e priva di fossi, mentre la scelta del titolare dell’impresa e del proprio figlio era stata nel senso di effettuare altrove le operazioni di carico e scarico.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Secondo la stessa i motivi di censura, in realtà, sono apparsi tutti ruotare attorno al medesimo punto, ossia alla relazione tra l’attività progettuale del ricorrente e la concreta operatività del cantiere. Da un lato, ha infatti sostenuto la stessa, non è stata oggetto di impugnazione l’affermazione fatta dal Tribunale in ordine alla lacunosità del piano operativo della sicurezza e dall’altro il piano di sicurezza e coordinamento avrebbe dovuto porre in essere tutto quanto necessario per disciplinare le operazioni di carico e scarico, “tenendo in considerazione i mezzi in dotazione del cantiere secondo il POS, ma e soprattutto dell’evoluzione dei lavori e delle eventuali modifiche intervenute, accertandosi che le imprese esecutrici adeguassero i rispettivi piani operativi di sicurezza alle indicazioni inserite nel PSC”. D’altronde, ha fatto altresì rilevare la suprema Corte, “tra le indicazioni contenute all’interno del PSC, nella descrizione dell’allestimento, si fa menzione di un piano di scarico e stoccaggio del materiale attraverso un rullo compattatore, di cui nel POS non vi è traccia” e al contempo nel POS redatto dall’impresa esecutrice era stato previsto, per le fasi di scarico e stoccaggio del materiale, solamente l’utilizzo di un autocarro e di un autocarro con gru per cui è apparsa coerente la decisione assunta dal Tribunale.

 

Con riferimento poi all’attività del coordinatore la Sez. III ha fatto osservare che vero è che la funzione di alta vigilanza, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto (Sez. 4, n. 46991 del 12/11/2015, Porterà e altri, Rv. 265661), ma al riguardo, il provvedimento impugnato ha dato coerentemente conto che l’uso del muletto, a bordo del quale il figlio del datore di lavoro dell’impresa aveva avuto un grave incidente ribaltandosi nel fossato, non era stato estemporaneo, bensì necessario fin dall’inizio dell’attività di cantiere, che a dire dello stesso coordinatore era stato aperto da circa un mese per cui lo stesso, ove si fosse recato in cantiere per la verifica dell’andamento dei lavori, si sarebbe reso conto della sua presenza e avrebbe avuto tutto il tempo per intervenire. Al contrario, il coordinatore non si era fatto vedere in cantiere  per almeno tre settimane dalla sua apertura e l’incidente era avvenuto poco tempo dopo l’inizio dei lavori “in un momento nel quale ben maggiore avrebbe dovuto essere l’attività di vigilanza, di verifica, anche eventualmente di sanzione”.

 

 

Gerardo Porreca

 

Corte di Cassazione Penale Sezione III – Sentenza n. 19970 del 27 aprile 2017 (u. p. 14 dicembre 2016) –  Pres. Di Nicola – Est. Cerroni – P.M. Filippi – Ric. L.M.. – Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve recarsi in cantiere nella fase iniziale dei lavori al fine di verificare la rispondenza della sua organizzazione con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento.

 

 

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Fonte: puntosicuro.it