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La responsabilità del RUP per un infortunio in un cantiere pubblico

Sono stati messi in evidenza dalla Corte di Cassazione in questa sentenza i compiti e gli obblighi del responsabile unico del procedimento (RUP) in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in un appalto pubblico e confrontati con quelli del direttore dei lavori nella stessa materia. In tema di sicurezza sul lavoro, ha affermato la Suprema Corte, sussiste a carico del RUP una posizione di garanzia non solo nella fase di progettazione dei lavori quando fa elaborare il PSC ma anche durante il loro svolgimento quando ha l’obbligo di sorvegliare sulla sua corretta applicazione.

 

Al committente e al responsabile dei lavori è attribuita infatti dalla legge, ha aggiunto la suprema Corte, una posizione di garanzia particolarmente ampia comprendente l’esecuzione di controlli non formali ma sostanziali ed incisivi in materia di salute e sicurezza sul lavoro sicché a loro spetta pure accertare che i coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione dei lavori adempiano agli obblighi agli stessi attribuiti in tale materia.

 

Sui compiti e sugli obblighi del direttore dei lavori la suprema Corte ha richiamato invece l’indirizzo giurisprudenziale con il quale si è affermato che lo stesso svolge normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all’esercizio del progetto nell’interesse dello stesso committente con la conseguenza che è responsabile dell’infortunio subito da un lavoratore se è accertata una sua ingerenza nell’organizzazione del cantiere.

 

Il fatto e l’iter giudiziario

La Corte d’Appello ha confermata la sentenza con la quale il Tribunale aveva condannato un responsabile unico del procedimento alla pena di giustizia e alle statuizioni civili risarcitorie in favore della persona offesa, in relazione al delitto di lesioni colpose gravi in danno di un lavoratore con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 590, commi 1, 2 e 3, cod.pen., in riferimento agli artt. 96, comma 1, lettera B e 159 del D. Lgs. n. 81/2008, e all’art. 3, comma 4 in relazione all’art. 20 del D. Lgs. n. 494/1996 confluito nell’art. 90, comma 4, del citato D. Lgs. n. 81/2008).

 

Oggetto del processo era stato l’infortunio occorso al lavoratore, il quale transitava in prossimità di una ringhiera di recinzione di un edificio pubblico ove in quel momento si stavano svolgendo lavori di ristrutturazione affidati dal committente all’impresa esecutrice (nel giorno dell’infortunio in particolare era in corso la sostituzione del cancello d’entrata) ed era stato travolto dal crollo dell’anzidetta ringhiera, riportando le gravi lesioni descritte negli atti.

 

Il R.U.P. nella sua qualità di responsabile dei lavori di cui all’appalto aveva risposto delle suddette lesioni a titolo di cooperazione colposa con il titolare della ditta appaltatrice dei lavori, separatamente giudicato, per avere omesso di nominare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, non consentendo così l’attivazione di un piano di sicurezza necessario per evitare danni a terzi.

 

La Corte di Appello, alla quale l’imputato aveva fatto ricorso, ha respinto le lamentele dell’imputato, riferite al fatto che la nomina di un coordinatore per l’esecuzione dei lavori non era necessaria poiché la ditta esecutrice era una soltanto, così come non era necessario l’elaborazione del piano di sicurezza. Il ricorrente ha sostenuto in particolare che il nesso causale fra la sua condotta e l’evento era stato interrotto dal sopraggiungere di cause autonome e imprevedibili dello stesso ma la Corte distrettuale aveva accertato, in realtà, che nei lavori era subentrata un’altra impresa oltre a quella aggiudicataria per cui il R.U.P. nell’espletamento dei doverosi controlli a lui incombenti, avrebbe dovuto assumere le conseguenti iniziative non potendo detti controlli essere rimessi al direttore dei lavori. L’inadeguatezza di detti controlli da parte dell’imputato era stata all’origine del sinistro e ciò, secondo la Corte territoriale e contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, aveva assunto rilevanza anche ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra la sua condotta e l’evento lesivo.

 

Il ricorso in Cassazione e le motivazioni

Avverso la sentenza della Corte di Appello il R.U.P. ha ricorso in cassazione per il tramite del suo difensore di fiducia. Come principale motivo di ricorso il R.U.P. ha sostenuto che non poteva essere a conoscenza del subentro, nell’espletamento dei lavori oggetto dell’appalto, di un’altra ditta nell’esecuzione di una porzione minimale dei lavori e che i dipendenti di quest’ultima ditta subappaltatrice (in esecuzione di lavori illegittimamente affidati alla stessa dalla ditta appaltatrice) avevano deciso estemporaneamente di eseguire i lavori di sostituzione del cancello durante i quali si era verificato il crollo della recinzione. Né si poteva da lui esigere, nella qualità di R.U.P., il compito di procedere a un controllo costante e di assicurare una costante presenza sul luogo di lavoro. Il ricorrente ha precisato, altresì, che era stato nominato un direttore dei lavori cui era stato affidato il compito di vigilare sull’osservanza dei piani di sicurezza e che se tale compito fosse stato correttamente espletato, ciò avrebbe consentito di rilevare e scongiurare l’improvvida iniziativa del lavoratore infortunato. Lo stesso ha sostenuto ancora che il direttore dei lavori aveva omesso di informarlo del subentro della seconda impresa e ancora che la Corte di merito ha omesso di considerare che la condotta dell’appaltatore e degli operai che eseguirono la rimozione del cancello si era posto come fattore eccezionale, anomalo e imprevedibile, tale da interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva oggetto di addebito e l’evento lesivo.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso é stato ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione. Secondo la stessa la tesi avanzata dal ricorrente, secondo cui nel cantiere sarebbe subentrata indebitamente ed a sua insaputa la ditta subappaltatrice che stava materialmente eseguendo la rimozione del cancello che aveva cagionato il crollo della recinzione, era troppo generica ed era stata portata avanti senza neppure fornire una specifica indicazione degli atti in base ai quali tale circostanza fosse desumibile. A rimarcare la responsabilità dell’imputato la suprema Corte ha ricordato che “in tema di infortuni sul lavoro, sussiste a carico del responsabile unico del procedimento una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durante il loro svolgimento, nella quale ha l’obbligo di sorvegliarne la corretta attuazione, controllando anche l’adeguatezza e la specificità dei piani di sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata all’incolumità dei lavoratori”.

Al committente ed al responsabile dei lavori, ha così proseguito la Sez. IV, é attribuita dalla legge una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l’esecuzione di controlli non formali ma sostanziali ed incisivi in materia di prevenzione, di sicurezza del luogo di lavoro e di tutela della salute del lavoratore, sicché ai medesimi spetta pure accertare che i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dell’opera adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia. Quanto al direttore dei lavori nominato dal committente, figura che più volte nel ricorso è stata chiamata in causa come vero soggetto responsabile, la Sez. IV ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale nel quale si afferma che questi svolge normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse dello stesso committente con la conseguenza che risponde dell’infortunio subito dal lavoratore solo se é accertata una sua ingerenza nell’organizzazione del cantiere.

 

L’imputato, ha così concluso la Corte di Cassazione, quale soggetto designato come responsabile unico del procedimento e dei lavori d’appalto, aveva assunto una posizione di garanzia che gli imponeva di esercitare controlli comprensivi dell’effettuazione in sicurezza di tutti i lavori oggetto dell’appalto. Perciò la mancata allegazione di elementi deponenti per l’asserita estemporaneità e imprevedibilità dei lavori che occasionarono l’infortunio porta a concludere, da un lato, che in realtà tali operazioni rientrassero nella sua sfera di controllo e, dall’altro, che la pluralità di ditte operanti all’interno del cantiere gli imponeva di nominare un coordinatore per l’esecuzione dei lavori ai sensi dell’art. 90, comma 4 del D. Lgs. n. 81/2008, cosa che avrebbe, con elevata probabilità logica, consentito di accertare tempestivamente e, quindi, d’impedire l’irregolare esecuzione delle operazioni di rimozione del cancello che determinarono il crollo del recinto.

 

A seguito della inammissibilità del ricorso la Corte suprema ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13/6/2000, al pagamento di una somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende oltre alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla costituita parte civile liquidate in complessivi € 2.500,00 oltre accessori come per legge.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 18102 del 10 aprile 2017 (u. p. 16 marzo 2017) –  Pres. Romis – Est. Pavich – Ric. C. A.. – In tema di sicurezza sul lavoro sussiste a carico del RUP una posizione di garanzia non solo nella fase di progettazione dei lavori quando fa elaborare il PSC ma anche durante il loro svolgimento quando ha l’obbligo di sorvegliare sulla sua attuazione.

 

 

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Fonte: puntosicuro.it