Bologna, 5 Mar – Il rischio da esposizione a campi elettromagnetici (CEM) è un “argomento complesso” e ancora poco conosciuto “per quanto riguarda i reali effetti sulla salute e i meccanismi di esplicazione di tali effetti”. E per questa ragione è importante che in sede di vigilanza si verifichi “che i lavoratori e tutte le figure coinvolte nel sistema di sicurezza aziendale siano consapevoli delle procedure di valutazione e prevenzione del rischio, ed abbiano una adeguata informazione e formazione sui corretti comportamenti da adottare in tutte le attività in prossimità di sorgenti rilevanti sotto il profilo dell’esposizione a CEM”.
Tali aspetti assumono particolare rilevanza specialmente “in ambito sanitario ed industriale ove sono correntemente utilizzati apparati quali saldatrici ad arco, smagnetizzatori, elettrobisturi, defibrillatori, stimolatori neurologici, apparati per magnetoterapia, diatermia etc. che emettono campi elettromagnetici di interesse protezionistico e che possono avere effetti gravi su soggetti con controindicazioni all’esposizione, quali portatori di pacemaker e protesi impiantate, donne in gravidanza, etc”.
I criteri per un’efficace vigilanza in materia di campi elettromagnetici
Ad affrontare in questi termini il tema del rischio CEM e della vigilanza necessaria è un intervento che si è tenuto al convegno “dBAincontri2016 – Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela” (Bologna, manifestazione “Ambiente Lavoro”, 21 ottobre 2016).
L’intervento “Rischio CEM nei luoghi di lavoro: criteri per un’efficace vigilanza” – a cura di Iole Pinto, Andrea Bogi e Nicola Stacchini (Laboratorio di Sanità Pubblica, Usl Toscana Sud-Est, Siena) e presente in una pubblicazione che raccoglie gli atti del convegno – vuole “illustrare alcuni aspetti chiave che orientino ad una corretta ed efficace vigilanza ai fini della prevenzione e protezione del rischio da campi elettromagnetici [0 Hz- 300 GHz], alla luce del recepimento della Direttiva europea 2013/35/UE per la protezione dei lavoratori dall’esposizione a campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro”.
L’intervento fa riferimento all’intero quadro normativo, ma non ancora all’effettivo recepimento – avvenuto poco prima del convegno – della Direttiva 2013/35/UE con il Decreto legislativo del 01 agosto 2016, n. 159 che ha opportunamente modificato ed integrato il Titolo VIII Capo IV del D.lgs. 81/2008. E ricordiamo che, come indicato sul sito Portale Agenti Fisici, coerentemente con gli scopi della direttiva europea, il Decreto Legislativo 159/2016“non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine, per i quali mancano dati scientifici conclusivi che comprovino un nesso di causalità, né i rischi conseguenti al contatto con i conduttori in tensione (art. 206, comma 2) questi ultimi già coperti dalle norme per la sicurezza elettrica”.
L’intervento riporta diverse indicazioni per la vigilanza nei luoghi di lavoro, ad esempio con riferimento all’individuazione dei lavoratori professionalmente esposti e all’individuazione delle sorgenti di rischio CEM.
L’azione di vigilanza con rischio CEM
Riguardo alla vigilanza in presenza del rischio CEM si indica che “l’azione di vigilanza nei luoghi di lavoro ove siano presenti macchinari o impianti emettitori di campi elettromagnetici potenzialmente nocivi, dovrebbe essere prettamente rivolta ad appurare se, a seguito della valutazione del rischio, siano state effettivamente attuate un insieme di misure di tutela di tipo organizzativo e procedurale, al fine di:
- prevenire l’esposizione di individui con controindicazioni;
- ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori;
- rispettare i valori limite applicabili per le differenti categorie di soggetti che operano in prossimità delle sorgenti”.
E si riportano anche le principali misure di tutela che sono “comuni alla maggior parte delle situazioni espositive e la cui attuazione dovrebbe essere attentamente presa in esame ai fini di un’efficace azione di vigilanza”.
Disposizione delle postazioni nelle aree di lavoro
Ad esempio si indica che è necessario che gli apparati emettitori di campi elettromagnetici di interesse protezionistico “siano installati in aree di lavoro adibite esclusivamente al loro uso, poste a idonea distanza dalle altre aree di lavoro ove il personale staziona per periodi prolungati. In relazione alle caratteristiche del campo disperso, può essere necessario evitare la presenza, in prossimità della sorgente, di oggetti costituiti da determinati materiali (come ad esempio materiali ferromagnetici in presenza di intensi campi magnetostatici per prevenire il rischio di proiezione di oggetti, ovvero di oggetti metallici all’interno di campi CEM variabili, per prevenire correnti di contatto indotte sugli stessi) e/o di apparecchiature che potrebbero interferire con il funzionamento della sorgente, o essere esse stesse soggette a interferenze”.
E comunque, in generale, “chi effettua la valutazione del rischio dovrà identificare, intorno ad ogni sorgente, un’area ad accesso controllato (in contrapposizione alle altre aree, che saranno ad accesso libero) all’interno della quale i livelli di campo elettromagnetico sono tenuti sotto osservazione e dove vengono evidenziate, mediante il procedimento di zonizzazione sotto descritto, le eventuali zone dove è possibile che siano superati i limiti per la popolazione e i limiti occupazionali. La conformazione e l’estensione di queste zone dipendono ovviamente dalle caratteristiche dell’apparecchiatura coinvolta”.
Nell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, vengono poi fornite diverse informazioni sulla zonizzazione.
Informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori
Si sottolinea che è importante fornire ai lavoratori e alle figure coinvolte nel sistema di sicurezza “una corretta informazione e formazione, soprattutto in quei settori dove sono possibili esposizioni rilevanti e prolungate. Questo aspetto deve essere considerato a tutti gli effetti parte delle misure di tutela per la salute e sicurezza dei lavoratori”.
Ad esempio è importante verificare, in sede di vigilanza, “che il personale sia stato formato sugli aspetti seguenti:
- condizioni di controindicazione individuale all’esposizione a campi elettromagnetici;
- appropriate modalità di utilizzo degli apparati al fine di ridurre l’esposizione per i lavoratori ed i soggetti terzi: a tale riguardo è importante prendere in esame quanto prescritto sul manuale di istruzione ed uso dello specifico apparato e se tali raccomandazioni siano state recepite o meno nell’ambito del rapporto di valutazione dei rischi e siano state adeguatamente comunicate ai lavoratori;
- corretti comportamenti da adottare in prossimità delle sorgenti; questi possono comprendere anche limitazioni all’introduzione di oggetti metallici o di apparecchiature elettriche all’interno dell’area controllata;
- modalità di accesso alle zone ad accesso regolamentato”.
Le criticità frequentemente riscontrate
Concludiamo questo breve e parziale excursus attraverso la vigilanza in materia CEM, riportando alcune informazione dei relatori sulle criticità spesso riscontrate.
Si indica che la maggior parte delle criticità attualmente riscontrabili in sede di vigilanza nei luoghi di lavorocon presenza di rischio CEM, sono in genere relative ai seguenti aspetti:
- “omissione della verifica del rispetto dei livelli di riferimento per la popolazione generale: spesso le valutazioni dell’esposizione in prossimità delle sorgenti si limitano alla verifica del rispetto dei livelli di azione per i lavoratori cui al D.Lgs. 81/08, senza considerare che ciò non è sufficiente per tutelare tutte le categorie di lavoratori che a qualsiasi titolo accedano nell’ambiente di lavoro con esposizione a CEM, con possibili gravi conseguenze per la salute e sicurezza per soggetti con controindicazioni all’esposizione. Si tratta di una grave omissione, considerato che potrebbero trovarsi a stazionare o transitare inconsapevolmente in aree ove si riscontrano livelli di esposizione a CEM superiori ai livelli di riferimento per la popolazione generale soggetti con controindicazione all’esposizione, quali lavoratrici in gravidanza, lavoratori portatori di pacemaker o dispositivi elettronici impiantati etc”;
- “i rapporti di valutazione del rischio raramente fanno riferimento a quanto riportato nei manuali di istruzione ed uso dei macchinari; questa criticità si riscontra anche nei casi in cui i manuali di istruzione ed uso dei macchinari, in ottemperanza alle norme di prodotto, riportino le indicazioni sul corretto impiego del macchinario ai fini della riduzione del rischio CEM per l’operatore”. A tal proposito si ricorda che sia i macchinari che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine, che gli elettromedicali, “per poter essere conformi al marchio CE devono essere forniti di un manuale contenente tutte le informazioni necessarie per un utilizzo sicuro in relazione alle radiazioni emesse, incluse le radiazioni fortuite, la corretta installazione, le avvertenze e/o le precauzioni da prendere per l’uso, le specifiche istruzioni di utilizzazione ed una pertinente etichettatura. Queste informazioni rappresentano il punto di partenza basilare sia per la valutazione del rischio CEM che per eventuali misurazioni di emissioni”;
- “anche in conseguenza di quanto precedentemente esposto al punto b), si riscontra spesso che gli operatori adottino metodiche di lavoro tali da incrementare l’esposizione personale a campi elettromagnetici, ad esempio mantenendo a contatto con il corpo i cavi di collegamento degli elettrodi come nel caso di saldatrici ad arco o apparati per diatermia, oppure stazionando in aree ad elevato campo, o ancora introducendo in aree ad elevato campo oggetti metallici. Tali comportamenti dimostrano una palese carenza sulla formazione e sull’addestramento dei lavoratori ai fini della prevenzione del rischio CEM e in genere una inadeguata valutazione del rischio CEM”;
- “in alcuni casi le valutazioni dell’esposizione ed il confronto con i limiti per segnali con forma d’onda complessa riscontrate in sede di vigilanza risultano effettuate misurando l’esposizione ad un’unica frequenza (es. 50 Hz) e facendo riferimento ai limiti valevoli per tale frequenza, senza considerare le altre componenti in frequenza del segnale, o, ancor peggio, non considerando i valori di picco istantaneo dei campi, nel caso di segnali impulsivi. In questi casi di erronea misurazione sono riportati i valori di campo elettrico o magnetico invece di fare riferimento ad indici espositivi percentuali”;
- “valutazioni del rischio con misure di esposizione effettuate per sorgenti giustificabili a priori (es. macchine da ufficio, computer etc)”. Tali misurazioni, oltre ad essere inutili per sorgenti giustificabili a priori, “sono spesso riportate senza che si sia verificato se l’attrezzatura sia dichiarata conforme al pertinente standard di prodotto e ne sia stato preso in esame il manuale di istruzioni ed uso”;
- “rapporti di valutazione del rischio CEMche si limitano a riportare misure di esposizione e non presentano alcun un programma di riduzione o controllo del rischio, anche in presenza di sorgenti con livelli di esposizione superiori ai livelli di azione per i lavoratori”.
In definitiva si indica che l’azione di vigilanza “sarà tanto più efficace quanto più sarà tesa a perseguire l’adeguamento del mercato a macchinari che garantiscano la piena conformità delle emissioni CEM alle specifiche norme di prodotto e nel contempo la riduzione del rischio da esposizione a campi elettromagnetici in quei luoghi di lavoro ove tale rischio è ancora rilevante”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ dBAincontri2016 – Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela”, pubblicazione che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno (Bologna, 21 ottobre 2016) e a cura di S.Goldoni, P.Nataletti, N.Della Vecchia, O.Nicolini (formato PDF, 9.01 MB).
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Fonte: puntosicuro.it