Note sui contenuti utili per rendere un modello esimente
Alcuni aspetti che spesso non vengono risolti nei modelli 231 e che potrebbero rendere non esimenti una o più parti del modello. A cura di A. Mazzeranghi.
Una doverosa premessa
Chi vuole andare al concreto può anche saltare questo paragrafo.
A commento di un mio precedente articolo su queste stesse pagine, ove delinea un quadro molto negativo in relazione alla capacità esimente dei così detti MOG 231 adottato dalle aziende, in relazione agli aspetti definiti nell’articolo 25 septies del D.lgs. 231/2001, un lettore, dopo un primo commento molto secco, successivamente scrive:
Perfetto. Siamo d’accordo. Questo è un articolo tecnico, scritto credo per tecnici del settore. Fotografa negativamente situazioni a lui note, lamentando carenze.
Non leggo proposte, soluzioni, cambi di passo o mentalità, nulla di nuovo a dieci anni (parole sue) dal testo unico.
Non leggo esempi in cui il modello funziona.
Credo che chiunque possa andare in una azienda ipotizzare un infortunio improbabile, e dimostrare che il modello in quella parte non copra… POI ???? Sicurezza è dare soluzioni, non lamentele ed accuse.
Io nell’articolo, partendo dalla considerazione della pochezza esimente di troppi modelli, accusavo “con atteggiamento livoroso” i soggetti che hanno guidato le aziende nella implementazione dei modelli tramite linee guida, seminari ecc. che hanno fatto passare una linea talmente minimalista da trasformare i MOG in materia di salute e sicurezza come una semplice collezione di pezzi di carta pieni di principi generici. Evidentemente questi soggetti, primariamente varie associazioni di categoria imprenditoriali, hanno ritenuto appropriato minimizzare il senso ben concreto dell’articolo 30 del D.lgs. 81/2008.
Orbene, ognuno fa la sua politica a vantaggio dei propri iscritti come suo dovere, ancor prima che diritto, ma qui sono assai poco sicuro che il vantaggio ci sia.
Ma voglio rispondere alla considerazione del lettore che dice che nell’articolo non faccio alcuna proposta, che sono solo distruttivo. Ha ragione! e credo che sia la prima volta che faccio una cosa del genere, che giustifico in ragione del livore e della tristezza che mi invadono quando guardo la realtà oggettiva che caratterizza i MOG delle aziende. Proverò qui di seguito a fornire qualche spunto.
Elementi che certamente sono utili nel modello
Vorrei prima di tutto chiarire che quello che segue è una opinione personale, discutibile quanto si vuole! Non è presa da linee guida, norme o altri documenti ufficiali. È solo frutto dell’esperienza mia e dei miei colleghi, che dal settembre 2007 ci occupiamo con passione della implementazione di MOG, sperabilmente esimenti, in relazione alle previsioni dell’articolo 25 septies del D.lgs. 231/2001, per i quali MOG a partire da metà 2008 abbiamo utilizzato come “guida minima” ma utilissima l’articolo 30 del D.lgs. 81/2008.
È quindi il citato articolo 30 che ci dice esplicitamente alcuni requisiti che il modello deve avere per potere conseguire l’effetto esimente. Il modello deve essere:
- Adottato
- Idoneo
- Efficacemente attuato
E per essere idoneo ed efficacemente attuato il modello deve contenere delle regole, precisamente rispettate da tutti i soggetti interessati, per garantire tutta una serie di cose che l’articolo 30 indica, fra cui:
- Conformità legale
- Valutazione dei rischi
- Procedure di emergenza
- Vigilanza
- …
Non voglio spiegare per l’ennesima volta i contenuti dell’articolo 30 ma indicare piuttosto aspetti che spesso trovo non risolti nei modelli, e che potrebbero rendere non esimenti una o più parti del modello.
LA GERARCHIA
Qui parliamo del comma 3 dell’articolo 30, quello attinente alla articolazione di funzioni. Non mi stancherò di ripetere che il legislatore italiano, e per conseguenza la magistratura e i giudici, leggono le organizzazioni in modo gerarchico. È un dato di fatto, difficilmente i principi di responsabilità personale si applicano alle organizzazioni matriciali.
Quindi un primo gruppo di domande da porre per verificare l’idoneità del modello potrebbe essere:
- Esiste un organigramma, anche specificamente “corretto” per gli aspetti di sicurezza che dice chi comanda e su chi comanda, per garantire la sicurezza dei comandati?
- In tale organigramma non accade mai che in medesimo individuo abbia due capi direttamente sopra di lui, nello stesso preciso momento?
- L’organigramma è noto a tutti gli interessati, e in particolare ognuno sa indicare senza esitazioni che è il suo superiore diretto in materia di sicurezza e salute?
- Ogni lavoratore ha sopra di sé un preposto (o, alla peggio, un dirigente, comunque un capo che deve vigilare sul suo operato)?
- Chi deve vigilare ha la concreta possibilità di farlo, almeno sulle persone direttamente sottoposte?
LE RESPONSABILITÀ
Ancora per effetto della necessità della articolazione di funzioni di cui al citato comma, possiamo fare alcune domande, quelle che seguono:
- Ad ogni figura che svolge una funzione di garanzia rispetto alla salute e alla sicurezza di uno o più colleghi, p altri lavoratori interessati, sono state chiarite le proprie responsabilità, e tali responsabilità sono state esplicitamente accettate?
- L’insieme delle responsabilità assegnate, garantisce che per ogni azione necessaria per rispettare un requisito di legge applicabile (e non indelegabile) sia stato definito un responsabile (o più responsabili ad ognuno dei quali si assegna una parte diversa dei compiti da svolgere)?
- La matrice delle responsabilità (appena sottintesa) non presenta sovrapposizioni (non risolte) o altre situazioni che potrebbero portare ad equivoci?
I PROCESSI E LE PROCEDURE
Una banalità: il funzionamento di qualunque azienda avviene tramite una serie di processi, più o meno formalizzati e ordinati, che altro non sono che sequenze di attività fra loro concatenate per raggiungere un certo obiettivo. Il primo comma dell’articolo 30, talvolta implicitamente, talvolta esplicitamente (alla lettera c) ci dice che:
- Esistono processi aziendali che, al loro interno, includono importanti aspetti di sicurezza
- Ce ne sono altri che sono solo ed esclusivamente destinati a gestire correttamente gli aspetti di sicurezza
Poi cerca di fare una sorta di elenco, che riprenderemo dopo. Ma prima di tutto ricordiamo che l’azienda, tramite il modello, deve garantire che tali processi siano “svolti” come l’azienda stessa ha deciso, naturalmente al fine di raggiungere i risultati desiderati. Le domande che seguono valgono per tutti i processi aziendali, a qualunque risultato vogliano portare:
- I processi aziendali sono in qualche modo catalogati, partendo dal reale funzionamento della azienda?
- I processi aziendali sono stati definiti nel loro svolgersi, tramite precise regole che, se applicate, consentono di raggiungere i risultati desiderati, e permettono di identificare e correggere eventuali scostamenti?
- Le regole sono esplicitati in documenti scritti, procedure secondo la terminologia più utilizzata, e tali documenti sono portati a conoscenza di tutte le parti interessate?
- Nelle procedure sono chiaramente identificati i responsabili delle singole azioni?
- C’è congruenza fra le responsabilità, di ordine più generale, assegnate tramite la matrice delle responsabilità e quelle previste nelle procedure?
- Le parti interessate destinatarie delle procedure hanno le capacità, le competenze, le risorse e l’autorità per eseguire senza problemi la parte assegnata delle procedure?
- ….
Su questo tema potrei andare avanti per pagine, vista la sede di questa pubblicazione mi fermo per lasciare dello spazio ad alcuni altri tipi di considerazioni. M voglio concentrare dunque su alcune domande fortemente mirate alle procedure in materia di prevenzione e protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle altre persone interessate. Anche qui esprimo i concetti tramite alcuni gruppi di domande:
- Esiste un elenco dei processi che impattano sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti? Tale elenco è completo?
- Esiste una procedura che specifica chi e come tiene sotto controllo (e anche aggiorna) i requisiti legali applicabili in materia di salute e sicurezza, e che indica chi, come e registrando cosa verifica sul campo la precisa applicazione dei requisiti ritenuti pertinenti al contesto? È definito un modo di procedere nel caso che dai controlli emergano non conformità rispetto alla legislazione applicabile?
- Esiste qualche forma di mappatura delle tipologie di pericolo concretamente presenti o possibili in azienda? Esiste una procedura che attribuisce i compiti pratici di redazione del documento dove si identificano, stimano e valutano i rischi? Esiste una regola scritta da applicare al momento di sottoporre il DVR al datore di lavoro perché lo faccia suo? Esiste un piano di misure di miglioramento approvato dal datore di lavoro, e l’azienda ha messo a disposizione risorse adeguate per portare avanti tale piano nei tempi previsti? È chiaro che si prende concretamente carico di monitorare e stimolare l’avanzamento del piano, e sono chiari i responsabili della attuazione delle singole misure previste dal piano?
- Esiste una procedura che regola la manutenzione? Come vengono gestite le priorità ove si debba decidere fra un intervento di sicurezza e uno, diverso, volto a riprendere la produzione? E qui mi fermo …
- Esiste un piano di verifiche periodiche e manutenzioni programmate? Come è stato costruito: si sono privilegiate le verifiche e le manutenzioni volte a prevenire guasti, malfunzionamenti p deterioramenti che potrebbero condurre a incidenti con danni alle persone? E anche qui mi fermo …
- Esiste una procedura che gestisca i cambiamenti organizzativi o tecnici rilevanti, curando anche gli aspetti di salute e sicurezza, se possibile preventivamente e non solo dopo che il cambiamento è già operativo? Ancora una volta mi fermo su questo argomento che è assolutamente vastissimo …
- Esiste una procedura di primo soccorso per infortuni e malori? Sono chiare le modalità di richiesta di intervento dei soccorsi esterni (chi può chiamare, dove si deve trovare fisicamente, quali mezzi ha a disposizione per contattare la rete telefonica esterna …)? Esiste una modalità di gestione dei turni che garantisca la presenza in azienda di almeno uno (o più) addetto al primo soccorso ogni qualvolta vi è presenza di persone in azienda?
I gruppi di domande sarebbero molteplici, dalle procedure per la gestione della vigilanza, a quelle che invece riguardano la gestione della sorveglianza sanitaria. Ricordate che l’elenco al comma 1 lettera c) è dichiaratamente non esaustivo.
Una piccola conclusione che è anche una domanda a tutti noi
Spero di aver chiarito la complessità di un MOG che davvero si propone di creare delle regole efficaci, o meglio idonee, a controllare al meglio i rischi residui, evitando alle persone coinvolte di commettere autonomamente errori per i quali la legge potrebbe anche ritenerle responsabili. Chiaramente non basta il sistema, serve la efficace attuazione che ci ricorda l’articolo 30, così come servono altri elementi di alto livello che qui non voglio richiamare.
E poi la domanda: chi se la sentirebbe di affrontare un processo senza sistema di procedure, senza attribuzione di responsabilità concretamente operative ecc., dopo un infortunio avvenuto, poniamo, perché un operatore è rimasto danneggiato da un organo in moto di una macchina? I fatti rispetto ai quali una azienda si deve difendere sotto il profili del 25 septies sono fatti semplici che si verificano nella operatività spicciola: davvero penso che a tutelarmi bastino un codice etico, dei protocolli generici validi per ogni azienda, un codice disciplinare e un organismo di vigilanza???
Prometto presto di affrontare il tema: “ma l’ODV vigila?”, naturalmente sempre con riferimento al 25 septies.
Alessandro Mazzeranghi
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Fonte: puntosicuro.it
No Comments
Comments are closed.