Le responsabilità del preposto e lo svolgimento dei compiti di vigilanza
Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha confermata la condanna inflitta nei due primi gradi di giudizio ad un preposto per l’infortunio occorso in una azienda ad un lavoratore investito dalle forche di un carrello elevatoreguidato da un operatore privo della specifica abilitazione. La penale responsabilità del preposto era stata ravvisata per avere lo stesso tollerato una prassi scorretta e pericolosa in uso nell’azienda della quale era a conoscenza e della quale avrebbe dovuto impedire la prosecuzione nell’esercizio dei compiti di controllo inerenti la sua posizione di garanzia in materia di sicurezza sul lavoro in relazione alle disposizioni di cui all’art. 19 lettere b) e d) del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza dal Tribunale relativamente alla sola determinazione della pena, ha condannato il preposto di un’azienda, esercente attività di somministrazione di alimenti a mezzo di distributori automatici, alla pena di 20 giorni di reclusione ex art. 53 della L. 289/1981, sostituita dalla pena della multa nella misura di Euro 5.000,00 per il reato di cui all’art. 590, comma 3a in relazione all’art. 583, comma 1a cod. pen. per avere cagionato a un tecnico riparatore lesioni gravi consistenti nello schiacciamento del piede, con trauma distorsivo e conseguente incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per 63 giorni, per negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Era accaduto che il tecnico riparatore di distributori automatici, dopo avere provveduto alla pulizia di una gabbia di protezione dei distributori, si accingeva a caricarla sul muletto condotto dal lavoratore infortunato allorquando, inclinata la gabbia per consentire allo stesso di caricarla, veniva attinto dalle forche al piede sinistro che rimaneva schiacciato fra la gabbia e le forche medesime. Entrambi i lavoratori svolgevano nell’occasione operazioni non comprese nelle loro mansioni ed erano privi di formazione, informazioni ed addestramento sul lavoro da svolgere. La sentenza di primo grado aveva assolto, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, l’amministratore delegato della società che gestiva l’azienda mentre ha riconosciuto il preposto colpevole del reato di lesioni gravi, anche in relazione al disposto dell’art. 19 lettere b) e d) del D. Lgs. n. 81/2008.
Avverso la sentenza della Corte di Appello il preposto ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, affidandolo ad un unico motivo relativo al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Lo stesso ha lamentato infatti che la Corte territoriale aveva omesso di valutare la sussistenza dell’interruzione del nesso causale, dovuta al comportamento abnorme ed imprevedibile del lavoratore, circa la scelta di utilizzare il muletto anziché il transpallet e nella parte in cui lo ha condannato per avere omesso l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori (condotta oggetto dell’imputazione dell’amministratore delegato) anziché per la condotta contestagli nel capo di imputazione consistente nell’ avere omesso di vigilare affinché solo i lavoratori in possesso della specifica formazione circa l’utilizzo del carrello elevatore procedessero alle operazioni di manovra e di carico del mezzo.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione. La stessa ha evidenziato, così come avevano già fatto i giudici della Corte di Appello, che presso lo stabilimento nel quale era accaduto l’evento infortunistico si era instaurata una prassi in forza della quale non solo gli addetti alla conduzione dei muletti ma anche i tecnici riparatori, quale era il conduttore dell’attrezzatura al momento dell’accaduto, manovravano i muletti per le incombenze loro affidate, prassi di cui il preposto, peraltro presente il giorno dell’incidente, era a perfetta conoscenza e per evitare la quale non era mai intervenuto.
Non corrispondeva inoltre a verità, ha fatto osservare la suprema Corte, che la condanna fosse stata inflitta per la omessa informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori, perché la Corte territoriale aveva riconosciuta la sua penale responsabilità solo ed esclusivamente per avere tollerato la prassi scorretta e pericolosa e di cui avrebbe dovuto impedire la prosecuzione nell’esercizio dei compiti di direzione e controllo inerenti la sua posizione di garanzia in materia di sicurezza.
In ogni caso, comunque, la suprema Corte, essendosi consumata la prescrizione avuto riguardo alla data di produzione dell’evento ed essendosi pertanto estinto il reato, ha annullata la sentenza impugnata senza rinvio.
Gerardo Porreca
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Fonte: puntosicuro.it
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