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Differenze di genere: malattie professionali e progetti di prevenzione

Un dossier pubblicato dall’Inail riporta informazioni sugli incidenti e le malattie professionali in Italia per le lavoratrici. Focus sui dati europei, sulle malattie professionali, sulle patologie più diffuse e sui progetti pilota in ottica di genere.
Roma, 19 Giu – Se vogliamo fare un raffronto dei dati italiani con i dati europei riguardo agli infortuni professionali denunciati e relativi a lavoratrici, possiamo riprendere la presentazione di un dossier, recentemente pubblicato dall’ Inail in concomitanza con la “giornata internazionale della donna” dell’8 marzo.

 

In “ Infortuni e malattie professionali. Dossier donne” si indica che gli ultimi dati diffusi da Eurostat (anno 2014) relativi ai tassi standardizzati di incidenza infortunistica, “mostrano senza distinzione di genere per l’Italia un valore pari a 1.619 infortuni con assenza dal lavoro di almeno quattro giorni, esclusi gli infortuni in itinere, per 100mila occupati (nel 2010 erano 2.194), inferiore a quello rilevato per Francia (3.386), Spagna (3.220) e Germania (2.119), e comunque al di sotto della media della UE-28 (1.642)”.

In ogni caso l’incidenza infortunistica delle donne lavoratrici è “decisamente inferiore a quella maschile in tutti i Paesi europei. L’Italia presenta un valore pari a 1.025 per le donne, quasi la metà del 1.937 degli uomini e più contenuto di quelli Francia (2.431) e Spagna (1.862). Per gli infortuni mortali i tassi relativi alla componente femminile sono sensibilmente più bassi ai corrispondenti valori degli uomini, a conferma del fatto che le donne sono generalmente occupate in impieghi meno rischiosi”.

 

Il dossier, che abbiamo presentato nei giorni scorsi con riferimento specifico all’andamento infortunistico, si sofferma tuttavia anche sulle malattie professionali.

 

A questo proposito si indica che le malattie professionali denunciate dalle lavoratrici nel 2015 “sono state quasi 17mila, pari al 28,5% delle circa 59mila tecnopatie denunciate in totale”. E i dati complessivi, per entrambi i sessi, “hanno confermato il trend in aumento degli ultimi anni, in controtendenza rispetto all’andamento decrescente degli infortuni sul lavoro: dalle 57.370 denunce del 2014, infatti, si è passati alle 58.917 del 2015 (+2,7%)”. Anche se per le sole denunce delle lavoratrici, nel confronto con il 2014 “si registra una sostanziale stabilità, con 16.795 casi protocollati nel 2015 rispetto ai 16.748 dei 12 mesi precedenti”.

 

Sono poi riportati anche alcuni dati provvisori del 2016.

 

Si segnala che i primi dati del 2016 – rilevati allo scorso 31 dicembre e diffusi dall’Inail nel canale Open data – “se confrontati con quelli dell’anno precedente, rilevati al 31 dicembre 2015 per omogeneità di confronto, mostrano come nel complesso le denunce di malattia professionale protocollate per maschi e femmine siano aumentate del 2,3%, dalle 59mila del 2015 alle oltre 60mila nel 2016. In ottica di genere, è da sottolineare nel 2016 il calo del fenomeno per le donne: in controtendenza con i lavoratori, infatti, le denunce delle lavoratrici sono diminuite tra il 2015 e il 2016 dell’1%, da 16.817 a 16.653. Tra gli uomini, invece, si registra ancora un aumento del 3,6%, da 42.181 a 43.694”.

 

Quali sono le principali patologie?

 

Sappiamo che a colpire i lavoratori, nel complesso, “sono soprattutto le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, in particolare tendiniti e dorsopatie, e la sindrome del tunnel carpale”  (“insieme rappresentano quasi il 75% delle denunce”); tuttavia questo risultato medio nasconde una differenza ben marcata tra uomini e donne: “se le patologie citate rappresentano circa il 69% delle denunce maschili, la stessa percentuale, infatti, sale addirittura quasi al 90% per le donne (circa 15mila delle quasi 17mila denunce complessive)”.

 

Riportiamo dal dossier un breve report di dati relativo alle malattie professionali denunciate per genere (anni di protocollo 2011-2015):

 

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Dopo aver ricordato che con il Decreto Legislativo 81/2008 il genere è diventato una variabile rilevante per garantire l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Articolo 1), il dossier si sofferma poi brevemente su un progetto pilota in ottica di genere.

 

Infatti per sostenere le aziende nel “recepimento di questo obbligo normativo”, la Direzione regionale Inail della Toscana, su iniziativa del Comitato unico di garanzia (CUG) dell’Istituto, ha avviato nel 2009 un progetto pilota di ricerca che ha coinvolto prima l’Università degli studi di Firenze e, negli ultimi anni, un gruppo multidisciplinare – medicina del lavoro, igiene e sociologia – dell’Università di Pisa, con l’obiettivo di fornire alle aziende, agli enti pubblici e alle istituzioni competenti indicazioni specifiche e applicativi per la valutazione dei rischi in ottica di genere e per lo studio e la prevenzione del fenomeno degli infortuni in itinere”. E nell’ambito del progetto sono stati messi a punto degli “strumenti operativi per valutare l’efficacia della gestione della sicurezza aziendale in ottica di genere”. Inoltre attraverso una revisione sistematica di documenti prodotti sia a livello nazionale che internazionale, sono state “messe a punto delle schede di rischio per evidenziare, se esistenti, la diversa suscettibilità o i differenti effetti per gli uomini e le donne nei confronti di specifici rischi”.

 

Si segnala che una priorità è “costituita dalle schede riguardanti il rischio chimico, per cui sono state realizzate alcune mappe di rischio per comparto, con evidenziate le esposizioni differenziate per genere”. Ed è stato poi messo a punto un questionario sugli infortuni in itinere, rispetto ai quali “permane un forte divario di genere”.

 

I temi al centro di questo progetto hanno poi trovato ampio spazio di approfondimento nei quattro Quaderni monografici Inail della collana “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere”, già presentati in passato dal nostro giornale.

 

Il dossier si conclude sottolineando che a partire dalla “particolare valenza del progetto pilota e le sue caratteristiche di replicabilità sul territorio”, nel luglio 2016 la Direzione centrale prevenzione dell’Inail ha creato un gruppo di lavoro multidisciplinare a livello centrale. E si indica che nell’agosto 2014 i risultati del progetto “sono stati presentati a Francoforte, in occasione del XX World Congress on Safety and Health at Work, mentre un aggiornamento del lavoro portato avanti finora su questo fronte è in fase di accettazione alla prossima edizione del Congresso mondiale sulla salute e la sicurezza sul lavoro, in programma nel settembre 2017 a Singapore”, un’importante occasione per “condividere e mettere a confronto le strategie per la prevenzione di infortuni e malattie professionali attente alle specificità e alle differenze di genere”.

 

Riportiamo, infine, alcuni dati in pillole, presentati anche in un recente comunicato stampa dell’Inail, relativi a infortuni e malattie professionali al femminile (anno 2015):

 

– infortuni sul lavoro denunciati nel complesso: 227.111 (-4,6% rispetto al 2014);

– infortuni accertati positivi dall’Inail: 145.684 (-5,7% rispetto al 2014);

– casi mortali denunciati: 110 (dato invariato rispetto al 2014);

– casi mortali accertati positivi dall’Inail: 69 (73 nel 2014);

– infortuni in itinere denunciati: 49.721 (-1,2% rispetto al 2014);

– casi mortali in itinere denunciati: 58 (55 nel 2014);

– infortuni domestici denunciati: 623 (-15,7% rispetto al 2014);

– malattie professionali denunciate: 16.795 (16.748 nel 2014).

 

 

Inail, “ Infortuni e malattie professionali. Dossier donne”, edizione 2017 (formato PDF, 4.43 MB).

 

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Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it

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La sicurezza nei palchi per spettacoli: contesto italiano e normativa

Un nuovo documento dell’Inail si sofferma sui palchi per spettacoli ed eventi similari con riferimento allo stato dell’arte in Italia, Inghilterra e USA. Focus sul contesto italiano: la legge, le istruzioni tecniche e la normativa tecnica.
Roma, 19 Giu – Sono numerosi e spesso con conseguenze gravi gli incidenti che avvengono ogni anno in relazione alle attività di montaggio, smontaggio, allestimento e utilizzo di palchi per spettacoli. Spettacoli – e di conseguenza incidenti – che, come possiamo immaginare, vengono a incrementarsi con l’approssimarsi della stagione estiva.

Basti citare in Italia, tra i tanti, gli incidenti avvenuti qualche anno fa durante l’allestimento dei concerti di Jovanotti (2011) e Laura Pausini (2012). Incidenti che, con riferimento all’abitudine italiana, ben descritta in un recente articolo dell’Ing. Catanoso, hanno portato enti e legislatori a “correre ai ripari” per trovare migliori procedure e norme per regolare le attività di montaggio, smontaggio ed allestimento delle opere temporanee (OT) impiegate in occasione di spettacoli, mostre, manifestazioni fieristiche, culturali ed eventi simili.

È stato istituito un gruppo di lavoro – promosso e coordinato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali – che è arrivato, tra le altre cose, a redigere il Decreto interministeriale sulla sicurezza dei palchi e degli allestimenti fieristici del 22 luglio 2014, un decreto che ha esteso al comparto dell’organizzazione dei grandi eventi di spettacolo le disposizioni in materia di prevenzione previste dal titolo IV del “Testo unico per la sicurezza” per i cantieri temporanei e mobili.

 

Per continuare l’opera di promozione della prevenzione e di riduzione degli infortuni correlati a tali opere temporanee, il Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’Inail ha prodotto una ricerca che ha avuto lo scopo di “individuare e fornire informazioni provenienti dal contesto nazionale ed internazionale, utili agli operatori di settore pubblici e privati”.

Nel documento correlato alla ricerca, dal titolo “Palchi per spettacoli ed eventi similari. Leggi, norme e guide. Stato dell’arte in Italia, Inghilterra e USA”, si fa il punto su leggi, norme e guide prendendo in considerazione una sola tipologia di OT, il palco “che è costituito da una pedana, dalle strutture verticali e dalla struttura di copertura”.

 

Ricordiamo innanzitutto la definizione di Opera Temporanea (OT).

Se nella legislazione italiana “non è presente una definizione per OT”, nel documento “si propone la seguente definizione: si intende per opera temporanea (OT) impiegata per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali, un’opera di ingegneria civile che è progettata per essere montata e smontata diverse volte, caratterizzata dalla temporaneità, in quanto deve essere rimossa dopo il raggiungimento degli scopi per i quali è stata concepita e comunque entro i periodi previsti dal progettista e che può essere successivamente riutilizzata dopo adeguati controlli”.

 

Il documento si sofferma poi sul contesto italiano e ricorda i vari documenti di riferimento per l’allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche.

 

Innanzitutto il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (il cosiddetto ‘Decreto del fare’) – coordinato con la legge di conversione n. 98 dell’8 agosto 2013 – stabilisce che gli ‘spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e le manifestazioni fieristiche’ siano inseriti nel campo di applicazione del titolo IV ‘Cantieri temporanei o mobili’ del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.

 

Si ricorda poi che il già citato ‘ Decreto palchi e fiere’, del 22 luglio 2014, “prende in considerazione sia gli ‘spettacoli musicali, cinematografici e teatrali’ che le ‘manifestazioni fieristiche’”. Mentre la circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 pubblicata dal Ministero del lavoro, su conforme parere dello stesso gruppo di lavoro, “contiene le ‘Istruzioni operative tecnico-organizzative per l’allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del decreto interministeriale 22 luglio 2014’”.

 

Tuttavia a quanto programmato mancano “gli ‘Indirizzi operativi tecnico-organizzativi per l’allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche, alla luce del decreto interministeriale 22 luglio 2014’ sui quali il gruppo di lavoro sta lavorando”. Questi tre documenti (il decreto e la circolare sono allegati alla pubblicazione) hanno l’obiettivo di “colmare lacune ed incertezze riguardanti le attività di montaggio e smontaggio delle opere temporanee e le attrezzature da impiegare nella produzione e nella realizzazione di spettacoli ed eventi simili, con particolare riguardo alla progettazione, al montaggio e allo smontaggio, all’allestimento delle stesse in sicurezza che tenessero conto delle particolari esigenze del contesto operativo”.

 

Rimandando ad una lettura integrale del documento, che riporta non solo informazioni dal contesto italiano, inglese e statunitense, ma anche i principali contenuti e utili considerazioni sui documenti (decreto e circolare) pubblicati, concludiamo questa breve presentazione affrontando il tema della normativa tecnica.

 

A questo proposito si ricorda che in Italia “non ci sono norme emesse dall’UNI riguardanti l’opera temporanea nel suo complesso, intesa essere per esempio, costituita da pedana, strutture verticali, sovrastrutture per il supporto delle apparecchiature e loro movimentazione, pareti di chiusura e struttura di copertura e concernenti le specifiche per la progettazione, fabbricazione e controllo”.

Tuttavia è stata recepita la norma tecnica europea che riguarda le “tende installate in maniera itinerante e temporanea UNI EN 13782:2006 – Strutture temporanee – Tende – Sicurezza”. Una norma che “specifica i requisiti di sicurezza che è necessario osservare nella progettazione, nel calcolo, nella costruzione, nell’installazione, nella manutenzione, nella gestione, nelle verifiche e nelle prove di tende installate in maniera itinerante e temporanea con superficie coperta maggiore di 50 m2. Per tende con superficie coperta minore di 50 m2 non è necessario produrre il libretto della tenda e il produttore fornirà una documentazione riguardante il comportamento al fuoco del tessuto e la stabilità della struttura”.

 

Esiste poi una norma tecnica UNI relativa agli elementi costituenti la OT, “in relazione ai sistemi per pubblico spettacolo la UNI 11580:2015 – Sistemi per pubblico spettacolo – Specifiche per la progettazione, la fabbricazione e le ispezioni degli elementi strutturali in alluminio e/o acciaio”. Una norma che rimanda anche ad altre disposizioni contenute in altre pubblicazioni (raccolte nel documento).

 

Riprendiamo, infine, un elenco di norme tecniche europee “che non riguardano in particolare, il montaggio, lo smontaggio e l’installazione delle OT, ma che interessano le installazioni per gli spettatori”: UNI EN 13200-1:2012, UNI EN 13200-3:2006, UNI EN 13200-4:2007, UNI EN 13200-5:2007, UNI EN 13200-6:2013 e UNI EN 13200-7:2014.

Senza dimenticare che ulteriori norme tecniche relative alle costruzioni in acciaio sono quelle relative al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR 10027:85).

 

L’indice del documento Inail:

 

Premessa

Introduzione

1 Il contesto italiano

1.1 Definizioni

1.2 Norme tecniche

1.3 Tipologie costruttive dei palchi

1.4 Elementi costruttivi

1.5 Figure coinvolte

1.5.1 Committente

1.5.2 Legale rappresentante del sito

1.5.3 Progettista

1.5.4 Coordinatore per la Sicurezza in fase di progettazione

1.5.5 Coordinatore per la Sicurezza in fasi di esecuzione

1.5.6 Impresa affidataria

1.5.7 Impresa esecutrice

1.5.8 Lavoratore autonomo

1.5.9 Preposto

1.5.10 Lavoratore

1.5.11 Fabbricante

1.5.12 Fornitore

1.6 Analisi strutturale e di stabilità

1.7 Sito d’installazione

1.8 Montaggio, smontaggio ed allestimento

1.9 Idoneità all’impiego

1.10 Verifiche

1.11 Requisiti formativi del personale

 

2 Il contesto inglese

2.1 Introduzione

2.2 Responsabilità dei soggetti convolti

2.3 Valutazione del rischio

2.4 Pianificazione delle attività

2.5 Condizioni del terreno e del sito

2.6 Montaggio e smontaggio

2.7 Palchi e strutture temporanee similari

2.A Appendice – Addestramento

2.A1 Il rigger

2.A2 Certificazione OPITO

 

3 Il contesto statunitense

3.1 Generalità

3.2 Norma ANSI E1.21-2013

3.2.1 Definizioni

3.2.2 Progetto e ingegnerizzazione

3.2.3 Fabbricazione

3.2.4 Uso ed attenzione (Care)

3.2.5 Controllo dell’utente

3.2.6 Allegato A

4 Conclusioni

Bibliografia

Appendice Decreto Interministeriale 22 luglio 2014

Appendice Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014

 

 

 

 

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Palchi per spettacoli ed eventi similari. Leggi, norme e guide. Stato dell’arte in Italia, Inghilterra e USA”, a cura di Luigi Cortis, Luca Rossi, Francesca Maria Fabiani e Davide Geoffrey Svampa, edizione 2017 (formato PDF, 6.97 MB).

 

 

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Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 – Istruzioni operative tecnico – organizzative per l’allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto Interministeriale 22 luglio 2014

 

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Ministero della Salute –Decreto interministeriale sulla sicurezza dei palchi e degli allestimenti fieristici del 22 luglio 2014 – Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività

 

 

 

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Fonte: puntosicuro.it

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L’obbligo del POS per le imprese di fornitura del calcestruzzo

Sono assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici, e quindi a quello di redigere il POS, anche le imprese che effettuano la fornitura e posa in opera di materiali nei cantieri quali la fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa.
Finalmente, viene da dire nel leggere questa sentenza della Corte di Cassazione perché la stessa nel decidere in merito a un ricorso presentato per un infortunio per folgorazione di un lavoratore avvenuto in un cantiere edile, nel quale erano in corso delle operazioni di getto del calcestruzzo mediante un autobetonpompa, a causa del contatto di una parte dell’attrezzatura stessa con una linea elettrica che attraversava il cantiere medesimo, ha avuto modo di esprimersi in merito all’obbligo o meno della redazione del piano operativo di sicurezza (POS) da parte delle imprese che provvedono alla fornitura del calcestruzzo.

 

Finalmente perché è un argomento questo sempre al centro di discussioni fra gli operatori di sicurezza, molto spesso sollevate, a dire il vero, strumentalmente da chi sostiene l’insussistenza di tale obbligo e sul quale si è già espresso anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con una nota del 10/2/2016, indirizzata alle Direzioni Interregionali e Territoriali del Lavoro, con la quale lo stesso ha fornito appunto dei  chiarimenti concernenti la redazione del POS da parte di aziende fornitrici di calcestruzzo nei cantieri temporanei o mobili.

 

Sono assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici, ha sostenuto la suprema Corte in questa sentenza, e quindi a quello di redigere il POS, anche le imprese che effettuano la fornitura e posa in opera di materiali nei cantieri edili quali sono la fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa. Mettere a disposizione dell’impresa richiedente la fornitura, ha inoltre aggiunto la Corte di Cassazione, anche dei lavoratori, come è avvenuto nel caso in esame, con l’incarico di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile comporta un contributo tecnico ed esecutivo da parte del personale della ditta fornitrice certamente eccedente la fornitura dei materiali e delle attrezzature.

 

Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione

La Corte di Appello ha riformato, unicamente quoad poenam, la sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei confronti del datore di lavoro di un’impresa esecutrice operante in un cantiere edile, nonché del datore di lavoro di un’impresa fornitrice del calcestruzzo, dell’operatore posto al comando dell’attrezzatura utilizzata per il getto del calcestruzzo stesso, dipendente dell’impresa fornitrice, e del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP) e di esecuzione (CSE), imputati del delitto di omicidio colposo con cooperazione colposa in violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (artt. 113, 589, commi 1 e 2, cod.pen.).

 

Oggetto del giudizio é stato un infortunio nel quale era rimasto vittima un lavoratore alle dipendenze della ditta esecutrice, verificatosi in un cantiere edile ove era in corso la realizzazione di alcune unità abitative, durante una gettata di calcestruzzo per la realizzazione di una soletta fuori terra, operazione che veniva eseguita mediante l’impiego di un’autobetoniera messa a disposizione dalla ditta fornitrice. Tale apparecchiatura era munita di una pompa estensibile per il getto, telecomandata dal dipendente della ditta fornitrice mentre il lavoratore infortunato, dipendente dell’impresa esecutrice, aveva il compito di indirizzare il getto di calcestruzzo posizionando il terminale del braccio. Durante l’operazione tale ultimo lavoratore, nell’accingersi a procedere a un nuovo getto, veniva investito da una fiammata, causata dal contatto del braccio estensibile con la linea elettrica che correva sopra l’area ove si stavano svolgendo i lavori che ne provocava la morte.

 

Il reato contestato al datore di lavoro della vittima, il quale assisteva all’operazione, era stato quello di avere tollerato che i lavori si svolgessero in prossimità di una linea elettrica (in violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 164/1956) nonché al coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori quello di essersi limitato a prescrivere quanto disposto dall’art. 11 del D.P.R. n. 164/1956, senza eseguire alcun accertamento su come e con quali mezzi si sarebbero svolti i lavori, al legale rappresentante della ditta fornitrice di non aver redatto il piano operativo di sicurezza (POS), cui era tenuto poiché la sua ditta non si limitava a fornire materiali o attrezzature ma partecipava a varie fasi lavorative con propri mezzi e proprio personale, e infine al dipendente dell’impresa fornitrice di avere eseguito le operazioni in luogo e con modalità rischiose e di non avere segnalato la situazione di pericolo. La Corte di Appello aveva ridotto la pena nei loro confronti, stabilendola per tutti nell’identica misura di otto mesi di reclusione, restando ferma per tutti la sospensione condizionale della pena, sul rilievo che ciascuno di loro aveva contribuito in egual misura al decesso della vittima.

 

Avverso la sentenza della Corte di Appello i quattro imputati hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione avanzando diverse motivazioni. Il datore di lavoro dell’impresa esecutrice e del lavoratore infortunato ha sostenuto di avere redatto il POS, di essersi attenuto alle prescrizioni di un professionista appositamente incaricato che aveva autorizzato lo svolgimento dei lavori e di essersi rivolto a una ditta fornitrice che aveva provveduto ad operare con propri mezzi e con proprio personale qualificato. Secondo il ricorrente era stato il CSE che aveva omesso di individuare, analizzare e valutare i rischi e che aveva autorizzata la costruzione del solaio in attesa dello spostamento dei cavi elettrici e che inoltre era stata la ditta fornitrice che aveva scelto ove collocare la betonpompa e inoltre che la causa dell’incidente era da addebitare a una manovra maldestra e imprevedibile dell’operatore della ditta fornitrice nell’azionare e movimentare il braccio snodabile.

 

Il datore di lavoro dell’impresa fornitrice, da parte sua, ha sostenuto di non essere obbligato alla redazione del POS in qualità di fornitore, che tale documento viene redatto in seguito alla redazione del PSC e che il PSC redatto dal CSP non prevedeva, tra l’altro, alcun rischio di elettrocuzione. Come altra motivazione ha sostenuto di non aver ricevuto istruzioni dalla committenza sul come operare in cantiere. Il coordinatore, a sua difesa, ha evidenziato che il PSC conteneva l’indicazione dell’esatta posizione della linea elettrica e della distanza da osservare rispetto ad essa e che spettava poi alla committenza, al direttore dei lavori e all’impresa appaltatrice e non a lui definire le modalità di esecuzione dei lavori e trasferirle nel POS. Come altre motivazioni il coordinatore ha sostenuto di avere impartite specifiche disposizioni con riferimento al rischio poi concretizzatosi (disposizioni tutte disattese dall’impresa esecutrice), e che l’impresa fornitrice non era in alcun modo tenuta a redigere il POS e, quindi, non vi era a suo carico il dovere di esigerlo e di verificarlo.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione

Con riferimento al ricorso avanzato dal datore di lavoro dell’infortunato la Corte di Cassazione ha ricordato che qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno é per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica é addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione e inoltre che la responsabilità del datore di lavoro non é esclusa dal comportamento di altri destinatari degli obblighi di prevenzione che abbiano a loro volta dato occasione all’evento, quando quest’ultimo risulti comunque riconducibile alla mancanza od insufficienza delle predette misure e si accerti che le stesse, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del verificarsi di quell’evento.

 

Perciò del tutto infondato è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione il motivo addotto dal datore di lavoro in ordine al fatto che egli avrebbe consentito l’impiego dell’autobetoniera in zona attraversata da linee elettriche in quota sulla base delle rassicurazioni di soggetti qualificati avendo assunto nella sua qualità un appalto di opere edili nell’ambito di un cantiere situato in un’area caratterizzata dalla presenza di cavi elettrici di alta tensione ed essendo comunque nelle condizioni di prevedere che ciò comportava un rischio significativo per la sicurezza e l’incolumità dei lavoratori, specie ove si consideri che in detta area sarebbe stato impiegato un mezzo meccanico munito di braccio, come quello affidato al lavoratore dipendente di altra ditta e presso il quale prestava la sua opera il lavoratore infortunato e cioè un mezzo che, se manovrato in modo non corretto, avrebbe potuto entrare in contatto con i cavi elettrici e cagionare gravi danni alle persone, come in effetti è accaduto. Ciò avrebbe dovuto suggerire al datore di lavoro, secondo la Sez. IV, di adottare cautele adeguate, al fine di impedire il concretizzarsi di detto rischio e che avrebbe potuto indicare anche al momento dell’incidente, atteso che egli era presente.

 

Né può affermarsi, ha così proseguito la suprema Corte, che la condotta del lavoratore che manovrava il braccio dell’autobetoniera e quella dello stesso infortunato, benché sicuramente negligente, fosse caratterizzata dalla cosiddetta abnormità, ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta eventualmente omissiva del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno, in quanto tale condizione, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della stessa suprema Corte, “si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia ‘eccezionale’ ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare”. Dunque nell’occasione non si è ravvisata in alcun modo la descritta condizione di “eccentricità” del comportamento dei lavoratori sia rispetto alle mansioni alle quali essi erano stati assegnati, sia rispetto alla tipologia di rischio affidato alla gestione dell’imputato nella sua posizione datoriale.

 

Circa il ricorso avanzato dal datore di lavoro dell’impresa fornitrice del calcestruzzo in merito all’addebito dell’omessa redazione del POS la Corte di Cassazione lo ha ritenuto infondato. La società di cui lo stesso era legale rappresentante, non si era limitata alla fornitura di calcestruzzo e dell’autobetoniera, ma aveva messo a disposizione anche due dipendenti e, in particolare, un lavoratore esperto con l’incarico di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile, un’operazione ben precisa che comportava un contributo tecnico ed esecutivo, da parte di personale della ditta, sicuramente eccedente la fornitura di materiale e attrezzature. A ben vedere, ha precisato ancora la Sez. IV, anche la lettura della circolare del 2007 del Ministero del Lavoro prevede l’obbligo di redazione del POS in capo alle ditte che partecipino in maniera diretta all’esecuzione di lavori di costruzione in muratura rientranti (come sicuramente nel caso in esame) fra quelli elencati nell’allegato 1 dell’allora vigente D. Lgs. 14/8/1996 n. 494. Del resto anche la Corte distrettuale aveva evidenziato in merito che, in base alle Linee guida del coordinamento tecnico interpretative del decreto legislativo n. 494/1996, “erano assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici (fra i quali rientra la redazione del POS) anche quelle che effettuano una fornitura e posa in opera di materiali (fornitura e getto di calcestruzzo con autobetonpompa)”.

 

Parimenti infondato è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione il ricorso avanzato dal lavoratore che era al comando del braccio dell’autobetoniera. Sul punto, é stato ritenuto sufficiente da parte della stessa Corte di Cassazione richiamare la giurisprudenza di legittimità in base alla quale, in materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore, per effetto di quanto previsto dall’art. 5, commi primo e secondo, lett. b), del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, é garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro o di altre persone presenti, quando si trova nella condizione di intervenire per rimuovere le possibili cause di pericolo, in ragione di una posizione di maggiore esperienza.

 

Con riferimento, infine, al ricorso presentato dal coordinatore la suprema Corte di Cassazione lo ha ritenuto anche esso infondato ponendo in evidenza che lo stesso cumulava sulla sua persona sia la posizione di coordinatore in fase di progettazione che in fase di esecuzione con la connessa responsabilità di indicare non solo il rischio elettrico presente in zona, ma anche i modi di evitarlo e, soprattutto, di verificare l’applicazione delle norme antinfortunistiche e di vigilanza sulla esatta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza. Lo stesso, ha così concluso la Corte suprema, ha sostanzialmente omesso di verificare quali fossero le caratteristiche del macchinario destinato ad essere usato in un cantiere caratterizzato dalla presenza di un elettrodotto in quota e se l’impiego di detto macchinario potesse o meno entrare in contatto con i cavi dell’ alta tensione. Il fatto che allo stesso coordinatore spettasse l’alta vigilanza sull’esecuzione dei lavori, se non significa (come riconosciuto dalla stessa Corte di merito) che egli dovesse essere costantemente presente in cantiere, non lo esimeva dai compiti sopra richiamati e specificamente indicati dalle disposizioni di legge.

 

Alla luce di quanto sopra indicato la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di provenienza, limitatamente al punto concernente il beneficio della non menzione della condanna nei riguardi del datore di lavoro dell’infortunato, del datore di lavoro della ditta fornitrice del calcestruzzo e del lavoratore che comandava il braccio dell’attrezzatura rigettando nel resto i ricorsi dagli stessi presentati e ha rigettato altresì il ricorso del coordinatore condannandolo al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Corte di Cassazione – Penale Sezione IV – Sentenza n. 11739 del 10 marzo 2017 (u. p. 10 febbraio 2017) –  Pres. Ciampi – Est. Pavich – Ric. F.B., E.DF., E.B. e C.T.. – Sono assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici, e quindi a quello di redigere il POS, anche le imprese che effettuano la fornitura e posa in opera di materiali nei cantieri quali la fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa.

 

 

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Fonte: puntosicuro.it

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Mercato interno del riso: approvato in via preliminare il decreto attuativo

12/06/2017 Nella seduta del 9 giugno (Consiglio dei Ministri n. 33), il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che, in attuazione della legge delega per la semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare (legge 28 luglio 2016, n.154), introduce nuove norme volte a regolamentare il mercato interno del riso.

Il decreto, che aggiorna la normativa risalente al 1958 e prevede anche disposizioni relative all’etichettatura del riso, nel rispetto del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, disciplina tra l’altro:

– i criteri di classificazione del riso, con l’individuazione di quattro grandi gruppi e l’indicazione delle specifiche caratteristiche qualitative;

– le denominazioni del riso;

– la salvaguardia delle varietà di riso tipiche italiane e l’indirizzo del miglioramento genetico delle nuove varietà in costituzione;

– la valorizzazione della produzione risicola, quale espressione culturale, paesaggistica, ambientale e socioeconomica del territorio in cui è praticata;

– la tutela del consumatore, con particolare attenzione alla trasparenza delle informazioni e alle denominazioni di vendita del riso;

– l’istituzione di un registro per la classificazione delle nuove varietà, gestito dall’Ente nazionale risi;

– la disciplina dell’apparato sanzionatorio per le violazioni;

– l’esclusione dal campo di applicazione dei decreti legislativi del prodotto tutelato da un sistema di qualità riconosciuto in ambito europeo e del prodotto destinato all’estero.

 

 

Fonte: http://tecnici24.ilsole24ore.com

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Al via l’attuazione di alcune direttive europee

12/06/2017
Approvati, in via preliminare, nel Consiglio dei Ministri del 9 giugno (n. 33) due decreti che attuano due direttive in materia di sicurezza sul lavoro.

La sicurezza degli impianti nucleari

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente e dei Ministri dello sviluppo economico e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo in materia di sicurezza degli impianti nucleari, in attuazione della delega di cui alla legge di delegazione europea 2014.

Il decreto dà attuazione della direttiva 2014/87/Euratom che modifica la direttiva 2009/71/Euratom che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.

La direttiva stabilisce gli obiettivi di sicurezza da perseguire nelle diverse fasi di vita degli impianti, compresa la disattivazione, nonché le misure dirette a conseguire tali obiettivi. Inoltre, si razionalizzano le procedure autorizzative e di controllo, si rafforza il ruolo e i mezzi a disposizione dell’autorità di regolamentazione nucleare, si disciplina la comunicazione delle informazioni e la trasparenza delle decisioni, nonché i meccanismi di monitoraggio e verifica delle misure applicate, anche attraverso appositi strumenti di scambio di esperienze tra gli Stati membri.

L’equipaggiamento marittimo

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha approvato, anche questo in via preliminare, un regolamento, da attuarsi mediante decreto del Presidente della Repubblica, che attua la direttiva 2014/90/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 sull’equipaggiamento marittimo.

Il nuovo decreto dà attuazione della direttiva 2014/90/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 sull’equipaggiamento marittimo che abroga la direttiva 96/98/CE del Consiglio.

L’obiettivo principale della direttiva è di assicurare che l’equipaggiamento marittimo sia conforme alle norme di sicurezza previste dalle normative internazionali, comprese le pertinenti norme di prova, e che l’equipaggiamento stesso possa circolare liberamente nel mercato interno ed essere sistemato a bordo di navi battenti bandiera di qualsiasi Stato membro.

Si prevede quindi che gli operatori economici siano responsabili della conformità dell’equipaggiamento marittimo in funzione del rispettivo ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di protezione degli interessi pubblici disciplinati e una concorrenza leale sul mercato dell’Unione.

Allo scopo di rafforzare ulteriormente la sicurezza in ambito marittimo, il nuovo assetto normativo istituisce infine l’Autorità di vigilanza sul mercato che si occupa, in maniera strutturata e permanente, secondo specifiche procedure e anche attraverso l’effettuazione di prove di laboratorio, dei rischi derivanti dagli equipaggiamenti marittimi presenti sul mercato e a bordo dei navigli europei.

 

 

Fonte: http://tecnici24.ilsole24ore.com

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RLS: azioni nella valutazione del rischio con procedure standardizzate

Cosa può fare l’RLS e RLST nella valutazione del rischio aziendale effettuata con le procedure standardizzate?
 

Presentiamo un approfondimento sulle procedure standardizzate tratto dal Bollettino dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, Toscana RLS.

 

Cosa può fare l’RLS e RLST nella valutazione del rischio aziendale effettuata con le procedure standardizzate

 

Il ruolo del RLS o RLST nelle piccole aziende fino a 10 dipendenti è opportuno, in maggior misura rispetto a realtà produttive più grandi, che sia svolto in maniera collaborativa con le altre figure della prevenzione e in particolare il datore di lavoro. Nelle piccole imprese infatti il datore di lavoro spesso è l’unica figura di riferimento se riveste anche il ruolo di RSPP ma anche se il RSPP è esterno ovvero un consulente che interviene nei luoghi di lavoro in maniera solitamente sporadica e poco partecipe. In questo senso la funzione dell’RLS/RLST deve essere la più proattiva possibile con il datore di lavoro alla stesura di una valutazione dei rischi effettivi condivisa e coerente con la realtà, promuovendo, quando possibile, la partecipazione del Medico Competente se nominato.

 

Poiché nelle piccole aziende spesso il lavoro non si svolge unicamente presso la sede legale o la classica unità locale della azienda ma sia a domicilio dei clienti (pulizie, manutenzioni, etc) che all’interno di cantieri complessi o in altre situazioni lavorative esterne spesso impreviste o non prevedibili a priori, l’attenzione dell’ RLS e RLST deve essere rivolta alla valutazione di tutte le possibili situazioni di pericolo per la sicurezza e per la salute in cui il lavoratore o la lavoratrice si trovi ad operare.

 

Alla luce di quanto sopra elenchiamo alcune possibili azioni dei RLS/RLST nella valutazione e gestione del rischio attraverso l’applicazione delle procedure standardizzate:

1) Verificare e contribuire alla descrizione dell’attività dell’azienda, delle eventuali fasi del ciclo lavorativo, dei diversi luoghi di lavoro in cui si realizza in concreto il prodotto o servizio dell’azienda.

2) Verificare e contribuire alla descrizione delle mansioni e dei diversi compiti o postazioni in cui i lavoratori/trici si possono trovare a operare

3) Verificare e contribuire alla identificazione di tutti i pericoli associati alle diverse situazioni lavorative

4) Fornire un supporto alla individuazione delle misure di prevenzione e protezione specifiche

5) Collaborare alla stesura del programma di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza

6) Fornire un contributo per l’organizzazione del primo soccorso, della squadra di emergenza nella lotta antincendio e evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato.

7) Promuovere la partecipazione tramite incontri di formazione/informazione con i lavoratori/trici

8) Proporre e concretizzare occasioni di incontri e comunicazione tra Datore di lavoro, Medico Competente e RSPP

9) Contribuire a riconoscere e descrivere i mancati infortuni o incidenti e le criticità associate.

10) Collaborare alla realizzazione del programma di miglioramento coinvolgendo e motivando positivamente tutti i lavoratori/trici

11) Proporre il riesame della valutazione per ogni cambiamento significativo del processo produttivo, organizzativo o sulla base di infortuni o segnalazione di effetti sanitari negativi

12) Migliorare le conoscenze dei comparti ove opera può essere utile al RLS Territoriale per proporre soluzioni applicate e condivise in altre aziende simili

 

D.ssa Oriana Rossi

A.USL Toscana Nord Ovest

 

 

Toscana RLS – Anno V – numero 1 – 2016 (pdf)

 

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Fonte: puntosicuro.it

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Igiene alimentare: la formazione HACCP in Campania e Umbria

In Italia la modalità di formazione in materia d’igiene alimentare e applicazione del sistema HACCP, richiesta dal regolamento europeo 852/2004, può variare da regione a regione. Focus sulla normativa in Campania e Umbria.
 

Brescia, 12 Giu – In un precedente articolo abbiamo parlato della formazione del personale addetto al settore alimentare con particolare riferimento al Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari.

E abbiamo accennato non solo al sistema HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) – una metodologia finalizzata all’individuazione dei pericoli di natura chimica biologica o fisica che possono inficiare la sicurezza degli alimenti – ma anche alla constatazione che in Italia ogni regione risulta autonoma nel disciplinare la formazione di addetti e responsabili del settore alimentare in materia d’igiene e applicazione del sistema HACCP. Un’autonomia che, permettendo evidenti differenze tra le normative regionali, rischia di creare confusione tra gli operatori e le imprese del settore.

E proprio per fare un po’ di chiarezza sulle diverse regole per questi corsi di formazione, dopo aver parlato della normativa in Lombardia, Calabria, Liguria e Toscana, ci soffermiamo oggi sulle regole vigenti nella Regione Campania e nella Regione Umbria.

 

Partiamo dalla Regione Campania.

 

Le principali regole in merito alla formazione degli addetti e dei responsabili HACCP sono contenute nel Decreto dirigenziale n. 46 del 23 febbraio 2005.

 

Vediamo cosa si indica negli allegati del decreto riguardo alla formazione dell’alimentarista.

 

Destinatari e durata minima dei percorsi formativi:

– “i Responsabili di industrie alimentari

– gli addetti di livello di rischio 1;

– gli addetti di livello di rischio 2.

I corsi di formazione avranno la durata di:

– n° 4 (quattro) ore per gli addetti di livello di rischio 1. (ad esempio baristi, fornai ed addetti alla produzione di pizze e similari; addetti alla vendita di alimenti sfusi e generi alimentari escluso ortofrutta; addetti somministrazione/porzionamento pasti in strutture socio-assistenziali e scolastiche);

– “n° 8 (otto) ore per gli addetti di livello di rischio 2” (ad esempio cuochi (ristorazione collettiva, scolastica, aziendale, ristoranti e affini etc.); pasticcieri;

gelatieri (produzione); addetti gastronomia (produzione e vendita); addetti produzione pasta fresca; addetti lavorazione latte e formaggi; addetti macellazione, sezionamento, lavorazione, trasformazione e vendita di carne, pesce e molluschi; addetti produzione ovoprodotti

– n° 12 (dodici) ore per i Responsabili di industrie alimentari”.

 

Questi i contenuti:

  1. a) “generalità sulle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti: tossinfezioni e intossicazioni alimentari;

fattori che contribuiscono alla loro insorgenza e modalità di prevenzione;

  1. b) responsabilità degli alimentaristi nella trasmissione degli agenti patogeni ai consumatori attraverso i prodotti alimentari;
  2. c) igiene della persona;
  3. d) igiene dell’ambiente di lavoro;
  4. e) legislazione sanitaria;
  5. f) good manifacturing pratices – buone pratiche di lavorazione;
  6. g) processi di preparazione, conservazione e distribuzione degli alimenti: individuazione dei fattori di rischio sanitario;
  7. h) piano di autocontrollo alimentare basato sui principi del sistema HACCP”.

In particolare i corsi rivolti ai Responsabili delle industrie alimentari “devono porre particolare risalto e congruo spazio ai principi del sistema HACCP ed alla gestione dell’Autocontrollo”.

 

Inoltre le attività di Formazione per Alimentaristi “sono svolte dalle AA. SS. LL., inoltre, possono essere svolte da Enti Pubblici ed Organismi privati e/o Associazioni di Categoria o altri Enti interessati purché accreditati e autorizzati ai sensi della normativa vigente”.

Veniamo all’aggiornamento della formazione.

È stabilito “l’obbligo di aggiornamento della Formazione a cadenza triennale, e comunque ogni qual volta lo richiedano innovazioni produttive e tecnologiche introdotte, aggiornamento da attuarsi tramite corsi dalle caratteristiche simili e complementari a quelle del corso di formazione iniziale, ma di durata inferiore, come di seguito specificato:

– n° 3 (tre) ore gli addetti di livello di rischio 1 e 2;

– n° 6 (ore) ore per i Responsabili di industrie alimentari”.

 

Riguardo al rischio 1 e 2 possiamo trovare qualche indicazione nell’allegato del Decreto Dirigenziale n. 9 del 13 marzo 2006 della Regione Campania, relativo all’atto di gestione recanti criteri e modalità per l’organizzazione dei corsi di formazione e aggiornamento per “alimentaristi”.

 

Alcuni esempi relativi a:

– rischio 1: “baristi, fornai ed addetti alla produzione di pizze e similari; addetti alla vendita di alimenti sfusi e generi alimentari escluso ortofrutta; addetti somministrazione/porzionamento pasti in strutture socio-assistenziali e scolastiche”;

– rischio 2: “cuochi (ristorazione collettiva, scolastica, aziendale, ristoranti e affini etc.); pasticcieri; gelatieri (produzione); addetti gastronomia (produzione e vendita); addetti produzione pasta fresca; addetti lavorazione latte e formaggi; addetti macellazione, sezionamento, lavorazione, trasformazione e vendita di carne, pesce e molluschi; addetti produzione ovoprodotti”.

 

Concludiamo riportando invece qualche informazione relativa alla Regione Umbria.

 

In questo caso si può fare riferimento alle deliberazioni D.G.R. n. 93 del 4 febbraio 2008 e al D.G.R. N. 1849 del 22 dicembre 2008.

 

In particolare la Deliberazione della giunta regionale n. 1849/2008 ha per oggetto “Integrazioni e modifiche alla D.G.R. 93/2008 – Linee Guida per la formazione del personale addetto alle imprese alimentari ai sensi dei Regolamenti CE n. 852 e 853/2004. Revisione D.G.R. 246/2001 e D.D. 1915/2003” e indica che i responsabili delle industrie alimentari devono assicurare idonea formazione del personale che opera all’interno della propria impresa alimentare.

 

Una formazione che deve essere:

– specifica – “in relazione alla tipologia di attività svolta: gli argomenti trattati devono essere pertinenti all’attività dell’impresa alimentare e alle mansioni dell’OSA oggetto della formazione” (OSA, Operatore del settore alimentare);

– permanente – “essendo previsti aggiornamenti con periodicità di norma triennale. E’ previsto l’aggiornamento quinquennale esclusivamente per addetti alla produzione primaria – addetti che operano all’interno delle aziende del settore alimentare ove non vi è alcuna manipolazione diretta dell’alimento e l’alimento stesso non richiede particolari temperature di conservazione (esempio: tabaccherie – erboristerie – farmacie e parafarmacie – drogherie – punti vendita di integratori alimentari quali palestre – vendita e deposito di prodotti non deperibili e confezionati – aziende di trasporto di prodotti confezionati non deperibili – ortofrutta – rivendita di mangimi – etc.); Formazione ad hoc, dovrà essere attuata per il personale neoassunto ove sprovvisto di documentata ed aggiornata formazione precedente, entro 6 mesi dall’assunzione stessa;

– documentata – il responsabile dell’industria alimentare ha l’obbligo di documentare la formazione svolta per gli O.S.A. della propria impresa, registrando per ogni evento formativo: date – argomenti – durata – docenti (che devono essere qualificati in materie scientifiche e i cui nominativi devono essere espressamente indicati) – partecipanti- etc”.

 

Formazione che è articolata in:

– “formazione di base la cui durata minima è di 12 ore. La durata della formazione di base è ridotta a 4 ore esclusivamente per: addetti alla produzione primaria; addetti che operano all’interno delle aziende del settore alimentare ove non vi sia alcuna manipolazione diretta dell’alimento e l’alimento stesso non richiede particolari temperature di conservazione (esempio: tabaccherie – erboristerie – farmacie e parafarmacie – drogherie – punti vendita di integratori alimentari quali palestre – vendita e deposito all’ingrosso di prodotti non deperibili e confezionati – aziende di trasporto di prodotti confezionati non deperibili – ortofrutta – rivendita di mangimi – etc.);

– formazione per l’aggiornamento la cui durata minima è 6 ore. La durata della formazione di aggiornamento è ridotta a 4 ore esclusivamente per: addetti alla produzione primaria; addetti che operano all’interno delle aziende del settore alimentare ove non vi sia alcuna manipolazione diretta dell’alimento e l’alimento stesso non richiede particolari temperature di conservazione (esempio: tabaccherie – erboristerie – farmacie e parafarmacie – drogherie – punti vendita di integratori alimentari quali palestre – vendita e deposito all’ingrosso di prodotti non deperibili e confezionati – aziende di trasporto di prodotti confezionati non deperibili – ortofrutta – rivendita di mangimi – etc.)”.

Si indica, infine, che l’aggiornamento “deve avvenire con periodicità triennale. E analogamente a quanto già indicato è prevista una periodicità quinquennale “esclusivamente per: addetti alla produzione primaria – addetti che operano all’interno delle aziende del settore alimentare ove non vi sia alcuna manipolazione diretta dell’alimento e l’alimento stesso non richiede particolari temperature di conservazione (esempio: tabaccherie – erboristerie – farmacie e parafarmacie – drogherie – punti vendita di integratori alimentari quali palestre – vendita e deposito di prodotti non deperibili e confezionati – aziende di trasporto di prodotti confezionati non deperibili – ortofrutta – rivendita di mangimi – etc.)”.

 

Concludiamo segnalando che il DGR umbro indica poi che “il personale neoassunto, qualora non già adeguatamente formato, entro 6 mesi dall’assunzione stessa, deve frequentare un corso di formazione”.

 

 

Regione Campania – Decreto dirigenziale n. 46 del 23 febbraio 2005 – Modalità di attuazione dei processi formativi per il rilascio dell’Attestato di formazione e/o aggiornamento agli alimentaristi, in sostituzione del libretto di idoneità sanitaria di cui all’ art. 14 della L.283/62.

 

Regione Campania – Decreto Dirigenziale n. 9 del 13 marzo 2006 – Attività formative per alimentaristi – Accreditamento Enti.

 

Regione Umbria – D.G.R. n. 1849 del 22 dicembre 2008 – Integrazioni e modifiche alla D.G.R. 93/2008 – Linee Guida per la formazione del personale addetto alle imprese alimentari ai sensi dei Regolamenti CE n. 852 e 853/2004. Revisione D.G.R. 246/2001 e D.D. 1915/2003.

 

 

RTM

 

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Fonte:puntosicuro.it

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Protezione contro i fulmini: normativa e valutazione del rischio

Un documento sulla valutazione del rischio di fulminazione e sulle verifiche degli impianti di protezione si sofferma sull’evoluzione della normativa tecnica. I contenuti e le novità delle linee guida CEI 81-29 e CEI 81-30.
 

Roma, 12 Giu – Nel recente documento Inail “ Impianti di protezione contro le scariche atmosferiche. Valutazione del rischio e verifiche”, non solo si sottolinea la di valutare i rischi di fulminazione negli ambienti lavorativi e di verificare e controllate periodicamente il sistema di protezione dai fulmini (LPS – lightning protection system), ma si racconta anche la continua evoluzione della normativa.

Evoluzione e novità che, come indicato nel documento, possono avere “un certo impatto sugli adempimenti per essere in regola”. Ad esempio con riferimento a:

– “abrogazione della guida CEI 81-3;

– emissione delle guide CEI 81-29 “Linee guida per l’applicazione delle Norme CEI EN 62305” e CEI 81-30 “Protezione contro i fulmini – Reti di localizzazione fulmini (LLS) – Linee guida per l’impiego di sistemi LLS per l’individuazione dei valori di NG di cui alla Norma CEI EN 62305-2”. E quest’ultima guida nazionale “sarà presto sostituita dalla norma armonizzata EN 62858:2015 ‘Lightning density based on lightning location systems – General principles’)”.

 

 

Per raccontare più nel dettaglio questa evoluzione il documento – prodotto dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici dell’ Inail – presenta la storia delle norme tecniche per gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche.

Il documento parte dalla storia “non recente” – con riferimento ad esempio alla prima edizione della norma CEI 81-1 “Protezione di strutture contro i fulmini” del 1984 e alla prima edizione della serie normativa EN 62305 nel 2006 – fino ad arrivare alla storia di questi ultimi anni.

 

Si ricorda, ad esempio, che nel febbraio 2013 “entrò in vigore la CEI 81-2 “Guida per la verifica delle misure di protezione contro i fulmini”, indirizzata principalmente ai professionisti del settore verifiche su impianti di protezione contro le scariche atmosferiche”, dove sono descritte – “riprendendo e rielaborando quanto già contenuto nella CEI 81-10/3 (EN 62305-3)” – “le attività necessarie per effettuare verifiche”.

Successivamente il CEI pubblicò la seconda edizione della norma CEI 81-10 (EN 62305), che “fu integrata dal Comitato Nazionale 81 con molteplici note di chiarimento”.

E nel luglio 2013 fu pubblicata la CEI 81-28 dal titolo “Guida alla protezione contro i fulmini degli impianti fotovoltaici” con lo scopo di indicare “quando, dove e come sono necessarie misure di protezione per la protezione dei campi fotovoltaici sia connessi alla rete elettrica del distributore (con esclusione dei campi stand-alone), sia installati su edifici (su coperture, facciate, parapetti, frangisole, ecc.) sia su serre, pergole, tettoie, pensiline, barriere acustiche e strutture temporanee”.

Tuttavia, “per ragioni legate a regole CENELEC”, nel novembre del 2013 “furono eliminate le note di chiarimento della norma CEI 81-10 (EN 62305) introdotte dal Comitato Nazionale 81 con l’emissione di quattro fascicoli Errata Corrige (EC)”.

Arriviamo al febbraio 2014 in cui furono emesse contemporaneamente la guida CEI 81-29 dal titolo “Linee guida per l’applicazione delle Norme CEI EN 62305” e la guida CEI 81-30 “Protezione contro i fulmini – Reti di localizzazione fulmini (LLS) – Linee guida per l’impiego di sistemi LLS per l’individuazione dei valori di NG”.

 

Il documento si sofferma ad esempio sui contenuti e novità introdotte dalla CEI 81-29 che fornisce “informazioni supplementari per il corretto utilizzo in ambito nazionale delle Norme CEI 81-10 (EN 62305)” in particolare con l’ausilio di:

– note esplicative ai corrispondenti articoli della Norma Europea;

– informazioni supplementari su specifici argomenti non completamente sviluppati dalla Norma Europea.

In particolare il documento si sofferma su questi aspetti:

– Nodo [art. 3.1.25, CEI 81-10/2 (EN 62305-2)];

– Tensione indotta [Art. A.5, CEI 81-10/4 (EN 62305-4)];

– Densità di fulmini a terra [art. A.1, CEI 81-10/2 (EN 62305-2)];

– Punto caldo [art. 5.2.5, CEI 81-10/3 (EN 62305-3)];

– Frequenza di danno e perdite economiche [CEI 81-10/2 (EN 62305-2)];

– Perdita di vite umane [Tab. C2, CEI 81-10/2 (EN 62305-2)].

 

Ad esempio riguardo alla “Frequenza di danno e perdite economiche” si indica che la frequenza di danno tollerabile è un “parametro che permette di semplificare la valutazione del rischio di perdita economica”.

Nella guida CEI 81-29 è indicato che “la necessità della protezione contro il fulmine per ridurre il rischio di perdita di valore economico R4 andrebbe valutata in base al rapporto fra il costo delle misure di protezione e il beneficio economico ottenuto con la loro adozione. I danni dovuti ai fulmini possono rappresentare un’importante perdita economica nei paesi industrializzati, soprattutto in assenza di adeguate misure di protezione correttamente installate. Non sempre, in fase di valutazione del rischio, è possibile riuscire a quantificare il valore economico delle perdite, con o senza misure di protezione. In tal caso, la guida CEI 81-29 introduce la frequenza di danno per decidere la convenienza e l’adeguatezza delle misure di protezione da adottare”. Nel documento sono fornite alcune indicazioni per il calcolo della frequenza di danno F.

E riguardo alla “Perdita di vite umane” [Tab. C2, CEI 81-10/2 (EN 62305-2)] si ricorda che i dati statistici disponibili nei paesi industrializzati “indicano che il rischio R1 presente nelle strutture è in genere molto minore di quello valutabile con i valori di perdite suggeriti dalla norma CEI 81-10/2 (EN 62305-2)”.

 

Il documento si sofferma poi sui contenuti e novità introdotte dalla CEI 81-30.

 

Si indica che la densità media di fulmini a terra per km2 per anno, NG, è, “generalmente considerata il principale indicatore dell’attività temporalesca ed è, come noto, alla base della valutazione del rischio fulmini. Negli ultimi decenni questa è stata stimata sulla base di rilievi strumentali, effettuati prima con i contatori di fulmine (LFC) e poi, in epoca recente con reti di rilevamento e di localizzazione ormai diffuse nei principali Paesi industrializzati”.

E scopo della CEI 81-30 è quindi quello di individuare, in assenza di normativa internazionale, le caratteristiche delle reti LLS, citate nella norma CEI 81-10/2 (EN 62305-2), affinché i dati ottenuti da queste reti potessero essere utilizzate nell’analisi del rischio prevista nella citata CEI 81-10/2 (EN 62305-2)”.

 

Si ricorda poi che “è stata abrogata (maggio del 2014) la storica CEI 81-3 “Valori medi del numero dei fulmini a terra per anno e per chilometro quadrato dei Comuni d’Italia, in ordine alfabetico”; obbligando di fatto tutti i datori di lavoro, ai sensi dell’art. 293 del D.lgs. 81/2008, ad una revisione delle valutazioni del rischio fatte, anche se aggiornate all’ultima edizione (la seconda) della CEI EN 62305”.

E si osserva che con l’abrogazione della norma CEI 81-3 “il valore di NG (già Nt) è passato dall’essere un dato avente valenza normativa ad un dato senza alcuna valenza normativa; determinando, cosa non da poco, che la responsabilità dello stesso grava unicamente sul tecnico che lo assume”. E, come indicato in premessa, tale guida sarà sostituita dalla “norma armonizzata EN 62858:2015”.

 

Ricordiamo. in conclusione, che il documento Inail – che vi invitiamo a leggere integralmente – riporta alcuni commenti sulla scelta di abrogare, anziché aggiornare, la norma CEI 81-3.

 

 

 

Inail, Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici, “ Impianti di protezione contro le scariche atmosferiche. Valutazione del rischio e verifiche”, a cura di Giovanni Luca Amicucci, Fabio Fiamingo, Maria Teresa Settino con la collaborazione di Raffaella Razzano, edizione 2016 (formato PDF, 616 kB).

 

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L’opportunità da parte del coordinatore di recarsi in cantiere

Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve recarsi in cantiere nella fase iniziale dei lavori a verificare la rispondenza della sua organizzazione con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento. Di G.Porreca.
 

Quante volte ci si è chiesti, non avendolo precisato il legislatore, con quale frequenza il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve visitare il cantiere sottoposto alla sua vigilanza e quando e in quale fase lo stesso deve comunque opportunamente garantire la sua presenza  nello stesso. Un indirizzo preciso in tal senso viene fornito in questa sentenza dalla Corte di Cassazione chiamata a decidere su di un ricorso presentato da un coordinatore per un incidente accaduto a un lavoratore, figlio del datore di lavoro dell’impresa esecutrice, infortunatosi per il ribaltamento in un fossato di un muletto utilizzato nelle operazioni di carico e scarico di materiali.

 

E’ importante, ha sostenuto la suprema Corte, che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione si rechi in cantiere nella fase iniziale dei lavori al fine di verificare la rispondenza della organizzazione del cantiere stesso con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento. Anche se nel PSC non era previsto l’uso del muletto, ha sostenuto la suprema Corte, se il coordinatore per la sicurezza si fosse recato in cantiere nei primi giorni dopo la sua installazione si sarebbe accorto della presenza dell’attrezzatura e avrebbe dovuto provvedere ad intervenire ad adottare i provvedimenti di sua competenza e a modificare il PSC stesso.

 

Il caso, la condanna del Tribunale e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale ha condannato un coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione alla pena di 2000 euro di ammenda per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 92, comma 1, lett. b) e 91, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Avverso la predetta pronuncia l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi.

 

Col primo motivo il ricorrente ha osservato che il provvedimento impugnato non aveva motivato, circa la mancata coerenza del piano operativo di sicurezza col piano di sicurezza e coordinamento riguardo alle operazioni di scarico, carico e stoccaggio dei materiali. Secondo lo stesso, infatti, in realtà vi sarebbe stata incoerenza solamente nel caso in cui il PSC e il POS avessero prescritto modalità operative in contrasto tra loro ovvero incompatibili. Con un secondo motivo il ricorrente ha fatto osservare. con riferimento alla presenza del muletto, di avere appreso la sua esistenza solamente nel pomeriggio dell’incidente allorquando era stato informato dell’incidente occorso al figlio del titolare dell’impresa esecutrice mentre lo utilizzava nelle operazioni di carico e scarico. Con un terzo motivo lo stesso ha fatto rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, aveva redatto il piano di sicurezza determinando l’area di carico e scarico, mentre l’incidente era avvenuto al di fuori del cantiere in zona quindi diversa e a sua insaputa per una autonoma scelta sia del giovane che di suo padre datore di lavoro. Con un quarto motivo, infine, il coordinatore ha fatto osservare che l’area di cantiere disegnata nel piano di sicurezza e coordinamento era assolutamente piana, piatta e priva di fossi, mentre la scelta del titolare dell’impresa e del proprio figlio era stata nel senso di effettuare altrove le operazioni di carico e scarico.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Secondo la stessa i motivi di censura, in realtà, sono apparsi tutti ruotare attorno al medesimo punto, ossia alla relazione tra l’attività progettuale del ricorrente e la concreta operatività del cantiere. Da un lato, ha infatti sostenuto la stessa, non è stata oggetto di impugnazione l’affermazione fatta dal Tribunale in ordine alla lacunosità del piano operativo della sicurezza e dall’altro il piano di sicurezza e coordinamento avrebbe dovuto porre in essere tutto quanto necessario per disciplinare le operazioni di carico e scarico, “tenendo in considerazione i mezzi in dotazione del cantiere secondo il POS, ma e soprattutto dell’evoluzione dei lavori e delle eventuali modifiche intervenute, accertandosi che le imprese esecutrici adeguassero i rispettivi piani operativi di sicurezza alle indicazioni inserite nel PSC”. D’altronde, ha fatto altresì rilevare la suprema Corte, “tra le indicazioni contenute all’interno del PSC, nella descrizione dell’allestimento, si fa menzione di un piano di scarico e stoccaggio del materiale attraverso un rullo compattatore, di cui nel POS non vi è traccia” e al contempo nel POS redatto dall’impresa esecutrice era stato previsto, per le fasi di scarico e stoccaggio del materiale, solamente l’utilizzo di un autocarro e di un autocarro con gru per cui è apparsa coerente la decisione assunta dal Tribunale.

 

Con riferimento poi all’attività del coordinatore la Sez. III ha fatto osservare che vero è che la funzione di alta vigilanza, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto (Sez. 4, n. 46991 del 12/11/2015, Porterà e altri, Rv. 265661), ma al riguardo, il provvedimento impugnato ha dato coerentemente conto che l’uso del muletto, a bordo del quale il figlio del datore di lavoro dell’impresa aveva avuto un grave incidente ribaltandosi nel fossato, non era stato estemporaneo, bensì necessario fin dall’inizio dell’attività di cantiere, che a dire dello stesso coordinatore era stato aperto da circa un mese per cui lo stesso, ove si fosse recato in cantiere per la verifica dell’andamento dei lavori, si sarebbe reso conto della sua presenza e avrebbe avuto tutto il tempo per intervenire. Al contrario, il coordinatore non si era fatto vedere in cantiere  per almeno tre settimane dalla sua apertura e l’incidente era avvenuto poco tempo dopo l’inizio dei lavori “in un momento nel quale ben maggiore avrebbe dovuto essere l’attività di vigilanza, di verifica, anche eventualmente di sanzione”.

 

 

Gerardo Porreca

 

Corte di Cassazione Penale Sezione III – Sentenza n. 19970 del 27 aprile 2017 (u. p. 14 dicembre 2016) –  Pres. Di Nicola – Est. Cerroni – P.M. Filippi – Ric. L.M.. – Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione deve recarsi in cantiere nella fase iniziale dei lavori al fine di verificare la rispondenza della sua organizzazione con le soluzioni progettuali previste nel piano di sicurezza e coordinamento.

 

 

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La messa in sicurezza di grandi manifestazioni pubbliche

I recenti attacchi terroristici hanno messo in evidenza nuove tipologie di perpetrazione dell’attacco, che in parte hanno preso in contropiede le autorità preposte alla sicurezza dei cittadini. Di Adalberto Biasiotti.
Fra le varie tipologie di attacchi terroristici, che possono essere perpetrate dai malviventi, vorrei prendere al momento in considerazione due particolari tipologie, vale a dire l’attacco con terrorista suicida e l’attacco con automezzo lanciata in velocità.

 

L’attacco con il terrorista suicida era ormai ben noto e le misure di sicurezza, tutto sommato efficaci, consistono nella adozione di varchi di controllo, simili a quelli aeroportuali, in cui il passaggio attraverso un rivelatore di metalli può essere oltremodo utile per individuare possibili ordigni indossati dal terrorista. La adozione di nastri trasportatori con apparati radiogeni potrebbe essere limitata solo a varchi specifici, in quanto molto spesso gli spettatori a grandi manifestazioni non hanno seco altro che zaini, piccole borse o addirittura nulla.

 

A questo punto è possibile predisporre varchi di ingresso dotati o meno di rivelatore radiogeno, in modo da smistare con maggiore efficienza e celerità il flusso dei visitatori, in funzione del canale di controllo da adottare.

 

Il problema, semmai, è quello di effettuare un calcolo accurato della velocità di transito e controllo dei visitatori, per poter dimensionare in modo appropriato i varchi.

 

Chi scrive ha recentemente effettuato un calcolo del genere, nel dimensionare i varchi controllati di accesso al Colosseo ed al foro Romano, nell’ambito di un capitolato di servizi di  sicurezza, messo a punto da CONSIP. Uno dei problemi più difficili da risolvere riguarda la concentrazione del flusso dei visitatori che, mentre l’accesso a strutture archeologiche presenta una distribuzione relativamente uniforme nel tempo, con un solo picco in corrispondenza delle ore 10 ed ore 12, l’afflusso ad un grande evento sportivo o canoro è per solito concentrato e intenso su un periodo piuttosto esteso.

 

Non v’è dubbio comunque che una accurata pianificazione dei varchi, senza parlare dei costi relativi e della disponibilità di personale sufficientemente addestrato, può costituire una elemento di relativa sicurezza. Mi permetto di aggiungere, a questo proposito, il fatto che uno studio appropriato delle file dei visitatori, che attendono di passare il varco di controllo , può diminuire i danni conseguenti all’esplosione dell’ordigno, che il terrorista potrebbe far detonare mentre è ancora in fila. Se le file sono fatte all’italiana, come purtroppo spesso accade, le conseguenze potrebbero essere gravissime, anche se forse non così gravi come quelle conseguenti allo scenario di un’esplosione all’interno dell’area dove si svolge la manifestazione.

 

Il problema del blocco di un automezzo, lanciata in velocità, con o senza esplosivi a bordo, si presenta invece in un contesto completamente diverso.

 

Quanto accaduto recentemente a Stoccolma ne è un esempio lampante. Tutti i lettori che hanno osservato le riprese televisive dell’automezzo, che il terrorista ha fatto penetrare nella zona pedonale, hanno potuto certamente osservare come la strada pedonale fosse bloccata da due sorte di sfingi in pietra, poste in mezzo alla strada. Queste sfingi in pietra, seppur di elevata massa, non erano evidentemente ancorate al terreno e le immagini hanno chiaramente mostrato come l’autocarro sia stato in grado di spostarle ed entrare nella zona pedonale.

 

Bisogna quindi fare molta attenzione a progettare gli ostacoli, in quanto questi ostacoli devono essere solidamente ancorati al terreno; ciò pone dei problemi non indifferenti in termini di tempistica di realizzazione di questi dissuasori fissi e di modalità con le quali questi dissuasori possano essere asportati, quando l’evento è terminato.

 

Ricordo ai lettori che esiste già una norma europea, cui chi scrive ha dato un modesto contributo, che prende proprio in esame le modalità con cui si può calcolare l’energia cinetica di un automezzo lanciata in velocità e si può di conseguenza calcolare quale sia il livello di resistenza che il dissuasore deve presentare.

Infine, un aspetto collaterale oltremodo importante riguarda il fatto che, poiché il rischio zero non esiste, occorre predisporre tempestivamente una struttura di primo soccorso, in grado di gestire centinaia di soggetti. È una predisposizione più facile da elaborare a tavolino, che non attuare sul terreno.

 

Il fatto che questi problemi non siano solo adesso presenti in Europa, ma in realtà siano stati sofferti ed esaminati anche in altri tempi ed in altri luoghi, è confermato dal fatto che già dal 2008 la commissione sicurezza dell’Homeland security, vale a dire il ministero della sicurezza interna degli Stati Uniti, aveva predisposto un manuale con accurate e realistiche indicazioni, nel miglior stile anglosassone, sulle modalità di valutazione del rischio e predisposizione di strumenti di contrasto.

 

Allego questo documento a questo articolo, perché sono certo che ancora oggi coloro che devono affrontare misure di sicurezza per situazioni critiche, legate a grandi ammassi di folla, potranno ritrovare utilissime indicazioni, ancora attuali.

 

Allegato

 

 

Adalberto Biasiotti

 

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Sicurezza impiantisti: informazioni per la valutazione dei rischi

Un documento sulle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi nel settore dell’installazione di impianti tecnologici riporta indicazioni sulle varie fasi del ciclo lavorativo e sulle buone prassi per la sicurezza.
Massa Carrara, 26 Mag – La sicurezza degli “impiantisti” riguarda operatori di una serie di aziende che, ad esempio, “spaziano dall’installazione di impianti idro-termici-sanitari, frigoristi, impianti fotovoltaici, antenne, impianti di condizionamento e climatizzazione dell’aria”. E le attività possono riguardare sia interventi di nuova installazione, che interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

 

Per parlare della sicurezza di questi operatori possiamo fare riferimento ad un documento pubblicato sul sito dell’Azienda Usl 11 di Empoli e curato dal Dipartimento della prevenzione dell’Azienda Usl 1 di Massa Carrara (ora Azienda USL Toscana nord ovest).

 

In “Procedure standardizzate per la valutazione dei rischi nel settore dell’installazione di impianti tecnologici” sono fornite diverse indicazioni alle microimprese del settore per la compilazione dei moduli correlati alle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi (art. 29, D.Lgs. 81/2008) approvate dalla Commissione Consultiva Permanente e pubblicate con Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012.

 

Riguardo alla descrizione dell’azienda, del ciclo lavorativo, delle mansioni si ricorda che presso l’unità locale dell’azienda generalmente “avviene la gestione commerciale, tecnica e logistica dell’insieme delle attività di installazione e manutenzione (ordinaria e straordinaria) generalmente effettuate presso le sedi dei clienti. Presso le sedi sono anche eseguite attività di officina, se presente nell’unità locale, come ad esempio riparazione conto terzi di attrezzature di lavoro o realizzazione di pezzi speciali (staffe, elementi saldati, ecc.)”.

 

E si segnala che le fasi che compongono il ciclo lavorativo sono:

– “attività di sopralluogo presso il cliente (civili abitazioni e/o terziario);

– attività di magazzino e carico/scarico materiale da automezzi;

– attività di officina (riparazione/manutenzione/pulizia di attrezzature di lavoro conto terzi presso la sede);

– conduzione automezzi;

– attività di installazione/realizzazione nuovi impianti e manutenzione presso il cliente (civili abitazioni e/o terziario)”.

E per le attività presso il cliente “i luoghi di lavoro sono da identificare in maniera specifica in fase di pianificazione dell’intervento”.

 

Riguardo, ad esempio, all’attività di sopralluogo presso il cliente (civili abitazioni e/o terziario) si segnala che i tecnici addetti ai sopralluoghi conoscitivi dei luoghi (presso le sedi dei clienti), “rivestono un ruolo importante nella definizione dei dettagli che caratterizzeranno l’offerta da rimettere completa di riferimenti tecnici e di salute e sicurezza sul lavoro”.

E risulta importante “prevedere già dalla richiesta di intervento la tipologia di lavoro da eseguire, in particolare per quanto concerne le condizioni che caratterizzano il luogo, come:

– disponibilità della documentazione tecnica (fascicolo tecnico dell’edificio, progetti, certificazioni, ecc.);

– accessibilità del luogo di intervento;

– requisiti strutturali dell’edificio, accessibilità, resistenza solai, presenza aperture nel vuoto, lucernari, ecc”.

L’incaricato del sopralluogo, che non dovrà accedere sulle coperture degli edifici o in luoghi sopraelevati in assenza di opere provvisionali o dispositivi di protezione che proteggano dalla caduta dall’alto, “dovrà compilare il modulo di sopralluogo e dovrà valutare i rischi di caduta dall’alto prendendo in esame: fascicolo tecnico dell’edificio; sistemi di accesso alla copertura o in quota; praticabilità della copertura; presenza di opere provvisionali (ponteggio ecc); presenza punti di ancoraggio”.

 

Ci soffermiamo poi sull’attività di officina (riparazione/manutenzione/pulizia di attrezzature di lavoro conto terzi presso la sede).

Si indica che presso il magazzino/officina “possono essere eseguiti lavori di riparazione, manutenzione e pulizia di attrezzature e/o materiali necessari per le installazioni impiantistiche. Tali interventi possono richiedere l’utilizzo di attrezzature manuali ed elettriche (trapani a colonna, torni, filiere, mole, troncatrici da banco, avvitatori elettrici, trapani, smerigliatrici angolari a disco, ecc) e impianti per la saldatura”. Senza dimenticare che l’attività di officina/magazzino può determinare anche “l’utilizzazione di sostanze e preparati chimici utilizzati per la lubrificazione, la pulizia e sanificazione”.

 

Il documento ricorda che prima di compiere qualsiasi operazione “è indispensabile essere a conoscenza delle caratteristiche dell’attrezzatura e della modalità d’uso; tutte le attrezzature di lavoro dovranno essere corredate del manuale di uso e manutenzione”.

 

Riportiamo, infine, alcune informazioni sulle attività di installazione, realizzazione e manutenzione impianti presso il cliente (civili abitazioni e/o terziario).

Come abbiamo già indicato, questa fase “deve essere preceduta dalla fase di sopralluogo, nella quale sono state rilevate eventuali criticità inerenti salute e sicurezza dei lavoratori riguardo al luogo di lavoro ed individuate le metodiche di intervento”.

 

Si ricorda che gli addetti all’installazione “dovranno predisporre il materiale e le attrezzature necessarie per l’intervento prima dalla partenza dalla sede della ditta, con particolare riferimento alle scale e alle opere provvisionali (ponteggi, trabatelli, ecc) ed alle attrezzature per il sollevamento di persone e cose. L’elenco dei materiali, delle attrezzature e dei dispositivi di protezione collettiva e individuale dovrà essere riportato nell’ordine di servizio predisposto dal datore di lavoro”.

Inoltre nell’ordine di servizio “dovranno essere riportate le istruzioni per accedere in sicurezza in quota o allegate le procedure specifiche a tale scopo quali ad esempio le procedure per l’utilizzo di ponteggi metallici fissi, ponteggi su ruote, ponti a cavalletto, scale, sistemi anticaduta”.

 

Si segnala poi che nel caso risulti necessario l’utilizzo dell’energia elettrica “dovrà essere installato un proprio quadro dotato di interruttore differenziale di protezione”.

Mentre per l’utilizzo di prodotti di natura chimica “attenzione particolare dovrà essere posta alle indicazioni riportate nelle schede di sicurezza che accompagnano tali prodotti al fine di garantirne un uso corretto ed una manipolazione sicura (areazione locali, presenza di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, degli occhi, della cute, ecc.)”.

 

Senza dimenticare che possono anche riscontrarsi casi “ove vi sia la necessità di coordinarsi con altre imprese per lavori di assistenza (es. idraulici e muratori)”.

 

Concludiamo invitando alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori indicazioni sulla compilazione dei moduli della valutazione dei rischi inerenti l’individuazione dei pericoli, la valutazione con le misure attuate e il programma di miglioramento.

 

 

 

Ausl 1 di Massa Carrara, “ Procedure standardizzate per la valutazione dei rischi nel settore dell’installazione di impianti tecnologici” (formato PDF, 181 kB).

 

 

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Le responsabilità del committente proprietario dell’immobile

In tema di prevenzione il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa sia pure unica alla quale ha affidato i lavori. A cura di Gerardo Porreca.
Si fa sempre più stringente la posizione assunta dalla Corte di Cassazione nei confronti del committente di un’opera edile ritenuto dalla stessa in occasione di precedenti sentenze il deus ex machina della organizzazione del cantiere installato per la realizzazione per suo conto di un’opera edile. Questa volta tale figura è stata individuata nel proprietario di un appartamento che ha incaricato un’impresa edile per la ristrutturazione dello stesso e che ha visto accadere nel cantiere stesso l’infortunio mortale di un lavoratore dipendente dell’ impresa affidataria.

 

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ha precisato la suprema Corte nella sentenza, il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa, sia pure unica, alla quale ha affidato i lavori sia nella fase di scelta dell’impresa, essendo a suo carico la verifica della sua idoneità tecnico professionale, sia nella fase di realizzazione dei lavori, essendo tenuto a controllare l’adozione da parte dell’impresa stessa delle misure generali sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello ha confermata la sentenza di condanna resa dal locale Tribunale nei confronti del proprietario di un appartamento quale responsabile del reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore dipendente dell’impresa affidataria il quale, nel corso di alcuni lavori per la rimozione dei pannelli solari collocati sul tetto dell’appartamento del committente, era precipitato da un’altezza di oltre otto metri, riportando lesioni personali gravissime alle quali era seguito il decesso.

 

All’imputato era stata contestata, quale committente, una condotta improntata a negligenza e imperizia con violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro per avere omesso, in particolare, di verificare, ai sensi dell’art. 90 comma 9 lett. a del D. Lgs. n. 81/2008, l’ idoneità tecnico professionale della ditta esecutrice (il cui datore di lavoro era stato processato separatamente). Nel capo di imputazione era stata indicata la normativa antinfortunistica la cui violazione era stata ascritta al datore di lavoro e era stato contestato precisamente di aver omesso di redigere il piano operativo di sicurezza in relazione alla valutazione di tutti i rischi presenti in cantiere, di avere omesso di adottare, per l’esecuzione dei lavori in quota effettuati sulla copertura dell’edificio, adeguate impalcature atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone o di cose, di avere omesso di impartire ai lavoratori dipendenti un programma di informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività svolta e di avere omesso di impartire ai lavoratori dipendenti una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza in riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione e rischi riferiti alle mansioni.

 

La Corte territoriale ha respinto il ricorso presentato dall’imputato, ad eccezione della parte relativa all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ed ha ritenute corrette sia l’imputazione formulata a carico dell’imputato, sia le argomentazioni svolte dal Tribunale a sostegno della pronuncia di condanna, atteso che il committente, qualora avesse richiesto la esibizione della documentazione prevista dalla legge, avrebbe facilmente accertato che l’impresa affidataria agiva in spregio delle norme in materia di prevenzione e non aveva adottato alcuna regola a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, tanto che i lavori in quota venivano eseguiti senza alcun presidio di protezione. Quanto alla consapevolezza della situazione di pericolo in cantiere, la Corte di Appello aveva valorizzata la circostanza che l’imputato aveva avuto immediata percezione delle condizioni in cui lavoravano gli operai, per la sua costante ingerenza nello svolgimento dei lavori e la sua assidua presenza sul cantiere. La stessa Corte di Appello, inoltre, pur rilevando un limitato concorso di colpa del lavoratore infortunato, il quale aveva imprudentemente “lanciato” verso il basso il pannello solare smontato senza prima frantumarlo con una operazione che gli aveva fatto perdere l’equilibrio, aveva escluso che tale condotta avesse interrotto il nesso di causalità tra le omissioni contestate all’imputato e l’evento.

 

Il ricorso in Cassazione e le decisioni della Corte di Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia lamentando, come motivazione principale, che la Corte di Appello aveva compiuto in maniera acritica la ricostruzione della vicenda e la valutazione delle prove, rifacendosi a quanto già argomentato dal Tribunale, senza rispondere in maniera puntuale ai motivi di appello.

 

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per una manifesta infondatezza dei motivi. Con riferimento all’osservazione che la Corte di Appello si era limitata a rifarsi per quanto riguarda la ricostruzione della vicenda e la valutazione delle prove a quanto già argomentato dal Tribunale senza rispondere ai motivi dell’appello, la suprema Corte di Cassazione ha affermato che “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche in caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa, essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D. Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, sia in caso di omesso controllo all’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro”.

 

“Dal committente non può tuttavia esigersi”, ha così proseguito la Sez. IV, “un controllo pressante, continui e capillare sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, con la conseguenza che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto d’appalto, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”.

 

I giudici di merito, secondo la suprema Corte, hanno fatto corretta applicazione di tali principi avendo posto in evidenza che il committente dei lavori e proprietario dell’immobile, si recava frequentemente sul cantiere, concordando e dando direttive al titolare della ditta in ordine ai lavori da svolgere, ed avendo così modo di percepire direttamente le modalità di esecuzione. In particolare la Sez. IV ha posto in evidenza che il committente, secondo la ricostruzione dei fatti esposta in sentenza, si era recato personalmente all’interno dell’immobile per verificare lo stato dei pannelli solari e, dopo essere salito sul tetto attraverso la scala ed aver constatato che i pannelli erano danneggiati, aveva dato direttive al titolare della ditta appaltatrice per la rimozione dei pannelli medesimi e la sostituzione con apposite tegole.

 

Dunque l’imputato aveva avuto modo di apprezzare di persona le modalità di svolgimento delle varie attività lavorative e l’assoluta assenza di dispositivi di sicurezza, ed in particolare, la mattina dell’infortunio, recatosi sul posto, aveva verificato direttamente l’ assenza di ponteggi o dispositivi di sicurezza idonei a prevenire il rischio di cadute o precipitazioni di cose o persone, e la circostanza che i lavoratori fossero saliti sul tetto servendosi solo di una scala appoggiata alla parete, senza il montaggio di impalcature e l’utilizzo di imbracature.

 

Le plurime e gravi irregolarità presenti in cantiere, ha fatto osservare la Corte di Cassazione, sarebbero state immediatamente appurate dal committente qualora egli avesse rispettato l’obbligo normativamente previsto di verificare in primo luogo l’idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice, mediante la richiesta di esibizione della documentazione prevista, e ciò perché dalla mancanza di tale documentazione avrebbe con immediatezza colto le gravi carenze ed omissioni dell’impresa affidataria rispetto agli obblighi di prevenzione e tutela dei lavoratori.

 

Le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, ha così concluso la suprema Corte, sono state pertanto considerate immuni da vizi logici e giuridici e conformi ai principi di diritto dalla stessa affermati per cui le censure del ricorrente sono state considerate manifestamente destituite di fondamento. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonché al rimborso delle spese in favore delle parti civili come da dispositivo.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 55180 del 29 dicembre 2016 (u.p. 16 novembre 2016) – Pres. Romis – Est. Menichetti – Ric. C.S. – In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il committente è titolare di una posizione di garanzia sufficiente a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso a un lavoratore dell’impresa sia pure unica alla quale ha affidato i lavori.

 

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